Spezzare il silenzio dopo la perdita Ma «Wondy» continua a vivere
Alessandro Milan dedica un testo (DEA Planeta) alla moglie scomparsa, Francesca Del Rosso
Non cercate il lieto fine. Non c’è. Niente guarigioni miracolose o salvataggi sulla linea di porta della vita. Quando muore una persona cara è inutile girarci intorno. Persino con le parole. Bisogna dire «muore»: lasciamo stare i «se ne va» e i «ci ha lasciati», sono solo modi di dire più rassicuranti, quasi che si potesse scongiurare l’ineluttabile.
Ci insegnano che bisogna farsene una ragione, che il tempo è una medicina. Le frasi fatte da tirar fuori per spezzare silenzi che ci costringerebbero a guardarci dentro. Ci prende il terrore che quelli che sono morti davvero siamo noi. La nuova compagna si chiama solitudine. E la fatica di vivere ci opprime. Non ci sono ragioni per stare al mondo. Nei figli vediamo gli occhi di lei, il suo modo di camminare. Lei è morta eppure è qui. Ed è un sollievo e un tormento. Ogni morte è diversa e ha le sue ragioni che puoi spiegare quando accetti l’ingiustizia. Solo così puoi «vivere» la morte.
Alessandro Milan ha deciso di raccontarla con un libro. Forse perché le parole scritte rimangono negli occhi prima che nel cuore. Devi vederla la morte, comprenderla e poi provare a descriverla. Mi vivi dentro (DEA Planeta editore) è una storia d’amore in cui è facile riconoscersi. Perché è una storia normale. Interrotta troppo presto. Dall’«evento» che non avevi pianificato, sempre che la vita si possa programmare.
Francesca è una testimonial di questa vita. Solare, allegra, bizzarra. La chiamano Wondy, come Wonder Woman: può sfidare l’impossibile e creare l’inimmaginabile. Bella è poco. Quello lo sono in tante. Basta scegliersi due genitori giusti. Ma mica è sufficiente la bellezza per innamorarsi. Ci vuole di più, molto di più. Francesca e Alessandro magari non sono neanche fatti l’uno per l’altra. O, almeno, non lo sanno. L’amore è più di un’infatuazione e meno di un progetto. Sta in quella terra di mezzo che devi attraversare per comprendere se è davvero la tua patria. Un rischio e una scommessa consapevoli. E poi c’è il caso. Per chi ci crede.
Certo, lavorare insieme aiuta. Francesca e Alessandro sono giornalisti. Si incrociano, si incuriosiscono, si interrogano. Il primo caffè insieme e poi l’uscita al cinema. Per scoprire, Alessandro, che lui è la quarta scelta. Se è per questo anche Winston Churchill non era al primo posto quando dovevano trovare qualcuno per salvare l’inghilterra. Ma gli amori si coltivano. Non puoi sapere prima se da quel seme verrà fuori un arbusto capace di resistere alle burrasche o una pianticina esile che si piegherà al primo refolo di vento. Devi buttarti. Rischiare.
Francesca e Alessandro non sono la coppia perfetta. Per questo stanno così bene insieme. E quasi subito arrivano altri collanti che li saldano: i figli Angelica e Mattia. E allora può succedere qualunque cosa. Per Alessandro è la morte del fratello Paolo. Con Francesca che già sta male. Di fronte alla morte sei patetico o banale. Perdi la lucidità di accettare le cose come sono. Per Alessandro è solo il preludio di un’ondata più spaventosa.
Dicono che la malattia prepara a metabolizzare il distacco definitivo. Non credeteci. È solo il tempo per scartare tutte le risposte sbagliate a una domanda senza risposte. Bisogna credere a qualcosa di più e di altro. Ce l’abbiamo dentro questa forza e ci aiuta a tirarla fuori proprio chi ci sta lasciando. È così per tutti, anche se per ognuno prende strade diverse.