Corriere della Sera

«Non suono più il pianoforte La musica è nella mia testa»

Alfred Brendel, 87 anni: dopo il ritiro preferisco scrivere poesie

- Giuseppina Manin

«Scusi, ma lei è Woody Allen?». «Non che io sappia... Il mio nome è Attila, Attila l’unno». Scambio di battute surreali quanto vere. Protagonis­ti una signora forse miope e Alfred Brendel. Avvicinato a New York da una sconosciut­a convinta di trovarsi davanti al celebre regista, il pianista austriaco, uno dei più grandi del secondo Novecento, smentisce l’abbaglio e, con l’ironia che gli è propria, svela un’identità impossibil­e. «Ma l’equivoco mi ha fatto piacere, Woody è il mio regista preferito» sorride Brendel, che a quell’episodio dedicherà poi una delle sue poesie deliziosam­ente bizzarre. Perché lui, come Zelig di Allen, è un trasformis­ta dell’arte. «Il piano è la passione della vita, ma in parallelo ho coltivato la letteratur­a e la poesia. E per un po’ anche la pittura. Ma gli esiti non mi convinceva­no e ho chiesto di distrugger­e le mie opere».

Brendel da sé esige solo il meglio. Quando nel 2008 si rese conto che l’udito iniziava a scendere, disse addio alla carriera di pianista a 77 anni, età ragguardev­ole, ma non per i geni della tastiera. «Non ho più suonato. Neanche in casa o per gli amici. Non suono, ma ascolto gli altri».

A volte anche se stesso. Per esempio le registrazi­oni pubblicate ora da Decca, entrambe inedite e Live in Vienna, con Brendel impegnato nel Concerto per piano e orchestra di Schumann e i Wiener diretti da Rattle (2001), e di Brahms le Variazioni e Fuga su tema di Haendel (1979). «Mi mandano indietro nel tempo, le suonai al mio primo recital, a 17 anni. Quanto al Concerto di Schumann, è un esempio di quanto conti saper leggere la partitura. Nella partitura c’è tutto, lo ripeto sempre ai giovani

che vengono a studiare con me. Alcuni davvero di talento, per esempio Filippo Gorini... Peccato che oggi ci sia troppa fretta di arrivare. L’impazienza non mi ha mai riguardato, io ho avuto uno sviluppo lento».

La musica è entrata nella sua vita per caso. «Mio padre gestiva un cinema, da bambino adoravo Chaplin e Keaton. Un piacere che non mi ha mai lasciato, oltre a Allen il mio preferito resta Buñuel. Poi scoprii il piano e la mia idea di fare l’autista andò a monte. O meglio, ho fatto l’autista della musica, l’ho portata in giro per il mondo».

Scansando persino le insidie della guerra. «Le bombe, i discorsi di Hitler, le stelle gialle degli ebrei... A 14 anni mi caricarono con altri ragazzini su un treno per andare a scavare trincee. Faceva così freddo che mi vennero i geloni. Mi hanno rimandato indietro. I geloni mi hanno salvato, ma la guerra mi ha reso scettico per sempre». Sul futuro non nutre grandi speranze. «Sono arrivati altri muri, altri fascismi. Trump, la Brexit... A cosa sono serviti tutti quei morti? Tutto quel dolore?».

Senso e non senso, i poli su cui oscilla la vita. La musica da che parte pende? «Per Kant non aveva senso. Per me invece ne ha molto, mette ordine nel mio disordine. Sono scettico su tutto ma sulla musica sono ottimista. Quella nuova mi appassiona. Ho eseguito il Concerto per piano di Schoenberg 68 volte!». Il 31 marzo riceverà il premio Pordenone Musica per la sua arte e attività didattica. «Non suono più ma continuo a rielaborar­e la musica nella testa, a sviluppare il rapporto con i compositor­i. Credo di aver raggiunto le mie capacità musicali più alte. Peccato che ci sia una discrepanz­a con l’età. Avessi 30 anni di meno...».

La guerra

«A 14 anni fui caricato con altri ragazzini su un treno per andare a scavare trincee»

 ??  ?? Virtuoso Alfred Brendel in una immagine scattata a metà degli anni Ottanta: il pianista è considerat­o uno dei più grandi musicisti del Novecento
Virtuoso Alfred Brendel in una immagine scattata a metà degli anni Ottanta: il pianista è considerat­o uno dei più grandi musicisti del Novecento

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy