Una colletta dei familiari per cercare il sottomarino scomparso
«Il governo ci mente, facciamo noi»: appello in Argentina per ritrovare i 44 marinai. Nessuna notizia da tre mesi
Non esiste la minima possibilità di trovare qualcuno ancora in vita — e anche rintracciare il relitto appare problematico — ma i familiari del sottomarino argentino Ara San Juan non si arrendono. Passati oltre tre mesi dalla scomparsa, non solo continuano a presidiare a turno la base navale di Mar del Plata, ma giudicano parole al vento quelle ascoltate dal presidente Mauricio Macri in un incontro e hanno deciso di mettersi alla ricerca dei familiari scomparsi con i propri mezzi. È attivo da pochi giorni un conto corrente in pesos e dollari per raccogliere fondi destinati a finanziare nuove operazioni di ricerca dell’ara San Juan. L’idea è raccogliere abbastanza denaro da poter contrattare imbarcazioni private dotate di tecnologia di punta. «Cerchiamo la verità e tu puoi aiutarci — dice l’appello dei familiari —. Con un piccolo contributo possiamo Il giallo
● Cento giorni fa l’ultimo contatto radio tra i 44 marinai del sottomarino e una base a terra, nel tragitto tra la Terra del Fuoco e la base di Mar del Plata
● Dieci giorni dopo la misteriosa sparizione venne captata dai radar una «devastante esplosione» nell’atlantico fare molto. Aiutaci!».
Sono passati cento giorni da quell’ultimo contatto radio tra i 44 marinai del sottomarino e una base a terra, nel tragitto tra la Terra del Fuoco e la base di Mar del Plata, in quello che doveva essere un trasferimento di routine del suo equipaggio. Da allora il nulla, qualche falso allarme e nessuna traccia seria. Sotto i riflettori del mondo, nei primi giorni la ricerca venne condotta per mare e per aria da decine di mezzi, argentini e stranieri, con le migliori tecnologie a disposizione sul posto e in arrivo da fuori. Una sorta di stop alle speranze di trovare qualcuno in vita arrivò però a dieci giorni dalla sparizione, quando due fonti diverse, sofisticate apparecchiature di «ascolto» degli oceani, parlarono di «devastante esplosione» captata in una regione dell’atlantico Sud dove avrebbe potuto trovarsi l’ara San Juan. La Marina argentina confermò, sostenendo inoltre che l’intero equipaggio era probabilmente deceduto al momento dell’esplosione, e non in una lunga agonia per mancanza di ossigeno.
Per rispetto ai familiari, il governo argentino non ha ancora chiuso quella pagina. Non è stata dichiarata la morte presunta dei 44 marinai, nè proclamato alcun lutto nazionale, commemorazione delle vittime o risarcimento alle famiglie. Le quali, dal canto loro, vogliono che si vada avanti a oltranza nella ricerca del relitto. Ricevendo una delegazione alla Casa Rosada, Macri ha promesso di continuare negli sforzi e stanziato una ricompensa di 98 milioni di pesos (circa 4 milioni di euro) per chi fornisse informazioni sul punto dove si trova il sottomarino. Ma i familiari hanno deciso di andare avanti con la raccolta dei fondi.
Il loro sospetto è che Marina e governo nascondano qualcosa sull’incidente e sulla missione che stava portando a termine il sottomarino: «Sin dal primo giorno ci hanno nascosto informazioni». Le autorità vengono accusate soprattutto di non rivelare il reale stato di manutenzione dello scafo, ma c’è anche chi sostiene che l’incidente sia legato a qualche missione segreta che l’ara San Juan stava svolgendo al momento di sparire dai radar.