La partita-motori di Fca Rincorsa elettrica dietro l’addio al diesel
Le parole di Sergio Marchionne hanno bisogno, sempre, di una corretta interpretazione. L’aver deciso di fermare la produzione di auto diesel dal 2022 significa che, in un lasso di tempo molto breve, Fiat Chrysler Automobiles è riuscita ad accorciare il gap che aveva con i suoi concorrenti nelle tecnologie future, anticipando lo sviluppo di auto elettriche pure o elettrificate, ossia ibride/benzina. Il 1° giugno, giorno in cui Marchionne presenterà il suo ultimo piano industriale , prima di lasciare le redini del gruppo al suo successore, rivelerà una serie di modelli a zero emissioni, pronti per essere commercializzati. Ha dichiarato — potrebbe sembra una contraddizione — che continuerà ad utilizzare il gasolio come carburante per i motori dei veicoli commerciali e della gamma dei pick-up. In Europa Fca ha venduto, nel 2017, vetture per oltre il 42% con motori diesel e veicoli commerciali per il 93%, un patrimonio che sicuramente non ha intenzione di distruggere. Aggiornare e rendere conforme i propulsori diesel per cento la quota di vetture con motore diesel che Fca ha venduto nel 2017 alle nuove norme imposte dall’unione Europea per il 2020, comporta investimenti che gravano pesantemente sui bilanci di un costruttore, il costo, rispetto al passato, potrebbe essere superiore del 20%. Mentre le batterie ormai scendono di prezzo al ritmo, almeno, del 7% all’anno. Quando le elettriche inizieranno ad avere una adeguata diffusione (una su quattro circolanti) le economie di scala abbasseranno anche l’ammontare dell’ assemblaggio. Sbagliato parlare di addio ai motori diesel, dal 2022 Fca rallenterà semplicemente l’offerta per allargare il ventaglio della sua gamma agli ibridi e alle elettriche pure, senza per trascurare la sua storia, legata al sistema di alimentazione che ha segnato una svolta per tutto il settore, con l’introduzione del common rail, seguito dal Multijet, caratterizzato da una combustione più lenta e progressiva. Enrico De Vita, esperto di tematiche legate all’automobile, sottolinea che «ormai è dimostrato che i propulsori diesel Euro5 e Euro6 sono di gran lunga meno inquinanti dei benzina. Rinnegare il diesel vuol dire mettersi nelle mani dell’industria cinese che dispone già del monopolio delle batterie».