Dalla Calabria con passione. Mezzo secolo in nome dell’edera
Francesco Nucara, ex deputato, racconta per Rubbettino la sua lunga esperienza d’impegno nel Partito repubblicano. E offre lo spaccato di un’epoca
Qualcuno era repubblicano, ai tempi in cui per fare un governo era inevitabile coinvolgere anche il partito dell’edera, erede del movimento patriottico mazziniano e di una parte della diaspora azionista. E tra i protagonisti di quella stagione politica, sospinta all’indietro dalla memoria collettiva, c’è chi continua a sentirsi repubblicano e prova a rimettere in ordine gli elementi fondanti di un agire politico che, rispetto all’italia di oggi, appare davvero d’altri tempi.
Un caso emblematico di questo recupero memoriale è Francesco Nucara, 77 anni, 54 dei quali passati con la tessera del Pri in tasca, che rievoca molte vicende dell’italia della Prima Repubblica — dalla metà del Novecento a oggi — nella sua autobiografia Storia di una passione politica (scene e retroscene), pubblicata da Rubbettino.
Nucara è calabrese come il suo editore e, almeno nella prima fase, la sua lunga carriera politica lievita in parallelo a quella all’interno della Cassa del Mezzogiorno, l’organismo creato nel dopoguerra da Alcide De Gasperi, leader dei governi centristi, allo scopo di favorire lo sviluppo del Sud arretrato. Ci sono elementi sufficienti per corroborare collaudati luoghi comuni, ma scorrendo le pagine delle minuziose memorie di Nucara affiora un’altrettanto solida smentita a qualsiasi pregiudizio. A partire da un iperattivismo che lo induce più volte a irritare i suoi diretti superiori, di lavoro e di partito, con la richiesta di cambiare incarico. La motivazione? «Io voglio lavorare».
Tuttavia è soprattutto sul versante dell’impegno nel Pri — dai tempi di Ugo La Malfa a quelli del figlio Giorgio La Malfa, passando per Giovanni Spadolini — che le memorie di Francesco Nucara offrono punti di riflessione per chi, al di là dei populismi e dei qualunquismi giustificatori, avesse voglia di capire che cosa manchi oggi alla politica, come si sia arrivati allo scenario attuale e cosa si sia perso per strada di un mondo in cui per iscriversi a un partito non bastava presentarsi a una sezione. O meglio, come annota Francesco Verderami, firma ben nota ai lettori del «Corriere», nella prefazione al libro «per capire fino a che punto è ignorante l’attuale classe dirigente, basta leggere la trafila che serviva per arrivare a sedere nell’aula di un Consiglio comunale, figurarsi per entrare in Parlamento o addirittura far parte di un governo».
Nel rievocare il passato Nucara coglie l’occasione anche per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, soprattutto nei confronti di Giorgio La Malfa, il segretario con cui ha condiviso la fase più importante della sua vita ai vertici del Pri. E in particolare gli contesta un errore grave, alla vigilia di Tangentopoli: lo slogan del «partito degli onesti».
Oggi Nucara rilegge quel passaggio in una maniera originale, che può far discutere. A suo avviso La Malfa «aveva intuito come, a una certa disaffezione degli elettori verso la vecchia “forma partito”, si sarebbe potuto porre rimedio invocando l’unione di quegli “onesti” di buona volontà» ma in questo modo diede un contributo al dilagare dell’antipolitica nelle sue varie forme. «In fondo — osserva Nucara — è sulla “propaganda” dell’onestà che si basa, oggi, il successo elettorale del Movimento 5 Stelle».