«Musica e look in un mix perfetto Segreti di una band intramontabile»
Trotta, promoter italiano: Freddie nel primo incontro mi sembrò un eroe greco
IQueen tornano alla ribalta con un nuovo tour che partirà il 7 giugno da Lisbona e toccherà Milano il 25 giugno (forum di Assago). In scaletta i grandi successi della band. E questo già si sapeva. Ma Claudio Trotta, da sempre promoter italiano dei Queen, rivela al Corriere che in autunno partirà una nuova produzione del musical We Will Rock You. Produzione italiana, ma con una direzione tutta britannica individuata e scelta dal promoter locale: regista Tim Luscombe, scenografo e costumista Colin Mayes, coreografie Gail Richardson. Del vecchio cast per ora già confermata Valentina Ferrari, la meravigliosa «Killer Queen». Le audizioni per il casting cominceranno in aprile. Sono previste 70 date in giro per l’italia.
Trotta racconta in dettaglio il suo rapporto con i Queen (cominciato grazie all’incontro col loro manager storico Jim Beach che allora curava il chitarrista Chris Rea) nella recente autobiografia No Pasta. No show edito da Mondadori. E a proposito della versione italiana diretta da Maurizio ● Claudio Trotta produce e organizza concerti e spettacoli di musica dal vivo con Barley Arts, azienda che ha fondato a Milano nel 1979. Ha organizzato migliaia di live di artisti italiani e internazionali come Bruce Springsteen, AC/DC, Bon Jovi, Aerosmith, Ligabue a Campovolo, la produzione del musical «We Will Rock You» in collaborazione con i Queen. Della band di Freddie Mercury, dice, apprezza soprattutto «musica e look coniugati alla perfezione» Colombi racconta: «Fu un grande successo di pubblico con centomila biglietti staccati. Ma le spese della produzione furono pazzesche. Basti dire che per trasportala ci volevano 4 autoarticolati, mentre per questa, che è originale e non la fotocopia di quella inglese, ne basterà uno e mezzo».
Disponibili Nella realtà quotidiana sono disponibili ma non modesti. Con molti interessi a 360 gradi
Lei, oltre che promoter, è anche un appassionato, un fan della band. Che differenza c’è fra i Queen e il resto del pianeta rock?
«Un ingrediente unico: la loro capacità di mettere assieme musica non semplicissima con un gusto popolare facilmente assimilabile. Musica e look coniugati alla perfezione. E poi un personaggio come Freddie Mercury che dichiara la sua omosessualità in tempi come quelli, spiazzava i benpensanti costringendo l’artista in un ruolo davvero difficile».
Come fu il primo incontro con Mercury?
«Il 14 settembre 1984, a un certo punto nel backstage mi trovai di fronte lui, Freddie Mercury e, d’istinto, guardandolo, invece di provare emozione e curiosità per l’incontro con un gigante della musica rock, pensai a quanto somigliasse nei tratti del viso a uno di noi: sembrava un uomo del sud. Ebbene sì, aveva proprio l’espressione e lo sguardo di un siculo, un eroe greco, non certo un britannico. Era la prima volta in assoluto che Queen si esibivano in Italia e purtroppo, difficile da credersi, quei due concerti non andarono molto bene in termini di vendite».
Come sono i Queen nella vita normale?
«Disponibili, umili, ma non modesti. E in più con molti interessi e attività a 360 gradi. Brian May, ad esempio, è anche un astronomo e inoltre si occupa della salvaguardia degli animali in via di estinzione. Sono stati vittime di molti pregiudizi. Curiosamente i loro tradimenti stilistici non sono stati mai perdonati dal pubblico, a differenza di quanto è accaduto ad altre rock star».
I suoi dischi preferiti dei Queen?
«Senza al cun dubbio i primi della loro carriera. Con un’anima più blues e più ricercati nelle sonorità».
Un giudizio da «esperto» sui successori di Freddie Mercury...
«Paul Rodgers lo sostituì egregiamente. Lui in precedenza era stato il cantante dei Free ed era un idolo di Mercury da giovane. Ma ora Adam Lambert funziona di più, veste molto meglio il ruolo di Mercury, che comunque resta inarrivabile».
Sabato 2 aprile 2005 moriva Giovanni Paolo II. Il 4 aprile i Queen dovevano suonare al Palalottomatica di Roma. Lei ebbe molte pressioni per cancellare il concerto. Le va di ricordare come andarono esattamente le cose?
«Furono momenti indimenticabili. Il capo della protezione civile Guido Bertolaso mi chiese di rimandare lo spettacolo perché Roma sarebbe stata blindata per la preparazione dei funerali del pontefice. Ma alla base della richiesta colsi anche vaghe motivazioni di carattere “etico” che reputavo totalmente infondate, come se per qualcuno fosse inopportuno divertirsi e gioire della musica in quei giorni. Le stesse richieste, tuttavia, non vennero fatte per esempio ai cinema e ai locali porno. E francamente quelle rivolte a me parvero stridenti con l’amore per la vita, l’arte e la musica che invece appartenevano alle modalità comunicative di papa Wojtyła».
E come andò a finire la faccenda?
«Che mi rifiutai e decisi di proseguire. La band fu d’accordo. E io penso che sia stato un atteggiamento giusto. Appena prima dell’inizio dello show salii sul palco e informai il pubblico delle richieste di annullamento ricevute. Spiegai la scelta del mio rifiuto, profondamente convinto che il papa stesso non avrebbe mai chiesto di interrompere la musica. Chiesi un minuto di silenzio in omaggio alla scomparsa di Karol Wojtyla. e alla fine seguì un fragoroso applauso che si spense all’improvviso lasciando spazio a un silenzio surreale. Fu una cosa molto emozionante e toccante».