Addio a Moratti Letizia: avanti con i suoi progetti
C’era Milano. La «sua» Milano ieri mattina nella chiesa di San Carlo al Corso, a due passi da San Babila, per salutare Gian Marco Moratti. È stato il primo figlio Angelo a salire sull’altare per ricordare il padre, ricordarne le passioni, ringraziare chi gli è stato vicino. E lì, in chiesa, erano proprio in tanti. Amici, imprenditori, ex calciatori della sua Inter, politici. Gian Marco Moratti è stato sepolto nel cimitero di San Patrignano.
Vuole ringraziare tutti: perché, dice, «questa onda di affetto e di amore che mi sta travolgendo mi darà la forza per continuare il lavoro e i progetti di Gian Marco». Letizia Moratti è in macchina verso San Patrignano insieme ai figli. L’ultimo viaggio per accompagnare il marito nella sua casa, in mezzo ai suoi ragazzi. Queste ore di autostrada danno giusto il tempo per una scorsa al cellulare ormai intasato e cercare di rispondere alle centinaia di sms e mail arrivati da ogni parte. Una missione impossibile e, insieme, il segno tangibile «di quanto bene ha seminato Gian Marco». Un affetto sincero: «Anche in chiesa ho sentito in modo preciso che non c’era nulla di artefatto, di formale, di finto. Tutte le persone che sono arrivate volevano davvero dare un tributo a un uomo buono, capace e straordinario». Per questo l’elenco dei grazie è impossibile da fare senza correre il rischio di scordare qualcuno: «Ho visto il sindaco Sala con la fascia tricolore, il governatore Maroni, il prefetto, gli amici di infanzia e della famiglia, quelli del mondo delle imprese, i ragazzi arrivati da Sanpa e tantissimi milanesi. Uno spaccato del nostro Paese, insomma. Come sarebbe piaciuto a Gian Marco che ha sempre guardato tutti con gli stessi occhi e che ha continuamente pensato prima agli altri che a se stesso. Ecco, io credo che chiunque lo abbia conosciuto e avvicinato, una vita o un’ora, abbia avuto questa percezione esatta e lo abbia voluto omaggiare in questo modo».
Sono giornate terribili per Letizia Moratti: «Non perdo solo l’amore grandissimo della mia vita, ma anche la mia guida, il mio punto di riferimento». E certo adesso tutto sarà più complicato senza di lui, «anche se so che continuerà a guidarmi da dove è ora». Una cosa però è sicura. Non un progetto andrà abbandonato, soprattutto quello che ai Moratti stava più a cuore: San Patrignano. «Ancora sabato scorso — racconta — Gian Marco è stato due ore al telefono con loro perché non eravamo riusciti ad andare fisicamente come facevamo ogni fine settimana, voleva sempre essere informato su tutto e dava sempre indicazioni per come muoversi e cosa fare, proseguendo il suo impegno a favore di tante ragazze e ragazzi». Si sta preparando una grande mostra e tanti amici pittori e artisti, alcuni erano presenti anche ieri al funerale, doneranno le loro opere per sostenere la comunità. San Patrignano: che all’inizio era la vita in una roulotte e poi è diventata la grande amicizia con Vincenzo Muccioli e l’espansione continua di un centro che oggi ha numeri da record e attività diversificate, dalla produzione di vino ai ristoranti. Letizia Moratti è stretta ai figli di Gian Marco, Angelo e Francesca e ai loro, Gilda e Gabriele: «Ci ha insegnato un grande senso della famiglia che vogliamo portare avanti tutti insieme». E poi il valore del lavoro: «È stato attivo fino all’ultimo momento, impegnato con Angelo e con Massimo (il fratello, ndr) a discutere dell’azienda e con tanti amici che ci stanno aiutando nei progetti per San Patrignano». Tra gli altri ci sono Carlo Clavarino, Flavio Valeri, Daniele Bodini, Mario Vigo, Carlo Traglio, Anna Zegna. Figure solide, garanzia di amicizia e continuità nella condivisione di questa missione.
Oggi è anche il giorno di un fiume di ricordi, di fotogrammi impressi nella memoria e nel cuore: «Non mi ha lasciata mai sola, ha condiviso ogni mia decisione, ogni mio incarico. Era con me quando abbiamo ottenuto l’aggiudicazione di Expo e mi aveva spronato molto a giocare quella partita perché Gian Marco amava immensamente Milano, una città capace di grande innovazione e modernità».
Poi sono gli abbracci ad attenderla là, a Sanpa. La voce si incrina: «So di non essere sola. Ma certo sento la responsabilità di mandare avanti tutto: e senza di lui sarà più difficile».
d Da tante testimonianze emerge la sua riservatezza: non faceva il bene per ostentazione, ma per nobiltà d’animo Don Stefano
Sempre accanto «Non mi ha mai lasciata sola, ha condiviso ogni mio incarico e decisione»