Corriere della Sera

«Noi in 27 ore dalla Calabria a Torino: peggio che negli Anni 60»

- di Paolo Coccorese

TORINO Osservata dal finestrino dell’intercity Reggio Calabria-torino, l’italia «va all’incontrari­o». Al contrario? «È dagli anni Sessanta che facciamo su e giù in treno. I viaggi difficili sono stati tanti. Ma uno come quello dell’altro giorno no. Ventisette ore per arrivare a casa sono da denuncia. Siamo sbarcati sulla Luna. E basta un po’ di neve a paralizzar­e un Paese».

Mezzanotte e 24 di martedì, binario 18 di Porta Nuova. Sulla banchina, ci sono cinque valigie e Antonino Nicolò, 73 anni, e Domenica Lombardo, 71. Marito e moglie. Dei trecento passeggeri saliti sul treno partito in Calabria sono gli unici arrivati al capolinea di questa odissea nell’italia messa alle corde dal gelo. «Siamo rimasti otto ore fermi prima di Roma senza informazio­ni — raccontano —. Poi siamo ripartiti. Ma ci siamo subito fermati a Tiburtina».

Per risalire la Penisola non è bastato un giorno intero. E con otto ore di ritardo accumulate l’intercity è arrivato a notte fonda. In una stazione fantasma. «La prima cosa che ho fatto è stata avvisare mio figlio. Era venuto a prenderci, ma non riusciva a entrare. Porta Nuova era chiusa e lui non capiva come raggiunger­ci. Quando ci hanno fatto uscire l’abbiamo visto protestare con i vigilantes. Dovete capirlo: non è una persona cattiva, ma era preoccupat­o».

Ad aspettare Antonino e Domenica c’erano anche tre addetti di Trenitalia. Cappello e pettorina rossa. Pronti ad offrire, in caso di bisogno, un letto in hotel o un passaggio

d Le tariffe Vivendo solo con la mia pensione di operaio Fiat, non possiamo prendere l’aereo

L’alluvione Nel ’94, quando ci fu l’alluvione, ero su un treno. Ci obbligaron­o ad arrivare a Novara

in taxi a quei viaggiator­i che avevano perso la coincidenz­a per tornare a casa. «I nostri figli ci dicono da sempre che non dobbiamo più andare in Calabria con il treno. Alla nostra età, è troppo stancante. Ma vivendo solo con la mia pensione non possiamo prendere l’aereo», racconta Antonino. Ex operaio della Fiat, a Mirafiori. Pensione da 1.200 euro. E una vigna sull’aspromonte da curare. «Avevamo trovato un’offerta per i biglietti. Il ritorno è costato 45 euro. Per quello ho deciso di accompagna­rlo», aggiunge la Marito e moglie Antonino Nicolò,

73 anni, e Domenica Lombardo, 71. Hanno trascorso

27 ore in treno moglie Domenica. Torinesi del Sud. Come tanti in questa città diventata grande negli anni Sessanta. «Ci siamo conosciuti da ragazzi — aggiunge il pensionato —. Io sono di Pavigliana (Reggio Calabria, ndr). Lei era del paese a fianco. Poi nel ‘61 sono salito al Nord. Mi ricordo ancora quel giorno». Sulla Freccia del Sud, convoglio di legno e ferro con scompartim­enti da otto posti, le valigie di cartone contenevan­o anche tante speranze nel futuro. «L’italia va a due velocità. A sud di Roma, sembra un altro mondo. Come fanno negli altri Stati? Perché lì con la neve i treni non si fermano?», chiede Domenica. Che di viaggi ne ha fatti molti. Anche in condizioni meteo complicate. «Nel ‘94, quando ci fu l’alluvione, ero su un treno. Ci obbligaron­o ad arrivare a Novara. Passammo sui ponti ricoperti dall’acqua».

Lunedì sono bastati il gelo e la neve a rovinare il ritorno a casa. «Avevamo una cuccetta. Un Intercity vecchio e malandato. Tutto arrugginit­o, il bagno quasi impraticab­ile». Un viaggio della vergogna ancora prima del ritardo. «Fino a pochi anni fa c’erano tanti treni che, passando dalla Liguria, collegavan­o Torino con la Calabria. Oggi li hanno tagliati quasi tutti».

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