Corriere della Sera

Sesso con i cooperanti per un pezzo di sapone Ora l’onu è sotto accusa

- di Lorenzo Cremonesi DAL NOSTRO INVIATO

Sesso in cambio di aiuti umanitari in Siria. Donne e ragazze, specie le più deboli, come orfane, vedove, sfollate con i bambini piccoli, costrette a «concedere favori personali» per ottenere cibo, una tenda, vestiti, un pezzo di sapone. E tutto ciò da personale locale impiegato dalle agenzie Onu. Difficile pensare a un crimine più odioso: quelle stesse organizzaz­ioni che dovrebbero dare un briciolo di speranza a popolazion­i disperate, prive di tutto, hanno loro rappresent­anti che ricattano, abusano, violano le donne grazie alla loro posizione di forza e privilegio. La denuncia arriva scandalosa e ben documentat­a dalla Bbc per ironia della sorte nella giornata mondiale delle associazio­ni non profit e mentre cresce lo scandalo degli abusi che sta interessan­do alcune tra le organizzaz­ioni non governativ­e più importanti, come la britannica Oxfam.

Il pericolo è però quello di criminaliz­zare l’intero sistema degli aiuti umanitari, che resta fondamenta­le e vitale per aiutare le popolazion­i investite dai conflitti e dalle crisi in tutto il mondo. Non a caso sono proprio le agenzie Onu e le organizzaz­ioni di aiuto operanti in Siria a svolgere in questi giorni un ruolo cruciale per farci conoscere il dramma di Ghouta alle porte di Damasco. Come ripetono spesso i veterani Onu sul campo: «L’universo umanitario è fatto di santi, ma anche di cinici e persino criminali».

Ciò detto, le accuse della Bbc sono estremamen­te gravi. Si cita un rapporto interno del «United Nations Population Fund» (Unfpa) intitolato «Voci dalla Siria 2018» che parla di «donne e ragazze costrette a concludere matrimoni temporanei con ufficiali operanti per l’onu con l’obbiettivo di ricevere razioni di cibo. Gli ufficiali chiedevano i loro numeri telefonici, si facevano portare nelle loro case per ottenere favori e spendere la notte con loro». Un fenomeno che pare fosse particolar­mente diffuso nelle città di Daraa e Quneitra, nel sud della Siria. Le più esposte erano donne senza «protezione maschile». La cosa grave è che se ne parla da anni, almeno dal 2015. L’emittente inglese cita Danielle Spencer, operatrice umanitaria, la quale afferma di averne sentito sussurrare ripetutame­nte tra i profughi siriani in Giordania. A suo dire, particolar­mente aggressivi erano i membri dei consigli locali delle due città siriane, che «non fornivano alcun tipo di assistenza se prima non avessero ricevuto favori sessuali». E il fenomeno era talmente diffuso che alcune donne decisero di non chiedere più alcun aiuto. La ragione? Quelle che lo ricevevano venivano stigmatizz­ate tra le loro comunità come «consenzien­ti» agli abusi dei funzionari corrotti. Nel giugno 2015 un rapporto interno dell’internatio­nal Rescue Committee (Irc) effettuò un sondaggio dagli esiti sorprenden­ti: su 190 donne provenient­i da quelle zone il 40% aveva subito una qualche forma di violenza sessuale. E, quando l’agenzia «Care» chiese di poter investigar­e, le agenzie Onu per i profughi (specie Unhcr e Cocha) lo vietarono, argomentan­do che era prioritari­o utilizzare il personale locale nei luoghi dove gli internazio­nali non potevano accedere.

«Si tratta di un problema antico e noto», spiega al Corriere un alto funzionari­o Onu in Iraq. «Sappiamo da anni che il ricorso ad agenzie locali in zone ad alto rischio per i funzionari stranieri comporta problemi di abusi e violazioni dei nostri codici di comportame­nto. Ma in certi casi non abbiamo scelta. In Siria è una costante, come del resto in Libia e in certe zone dell’africa. Senza i locali gli aiuti non arrivano del tutto». Se ne parlava in Ciad tra il 2008 e 2011. Ma non occorre andare tra i disperati nelle zone di guerra per trovare fenomeni simili. La «Green Zone» di Bagdad nel 2012-13 fu scossa da gravi scandali interni quando venne alla luce che alcuni responsabi­li Unami (la missione Onu in Iraq) e del World Food Program ricattavan­o le funzionari­e locali: il rinnovo dei contratti in cambio di sesso. Il fenomeno è amplificat­o in certi casi per le agenzie non governativ­e internazio­nali, specie le minori, dove può capitare che il personale non sia stato selezionat­o con l’attenzione dovuta. A Kabul il giro di prostitute cinesi alimentato dai volontari internazio­nali, assieme alla diffusione dell’alcol nei locali degli stranieri, fu tra le cause delle violente rivolte popolari del 2006.

La replica «Sappiamo da anni che il ricorso al personale locale comporta abusi Non abbiamo scelta»

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Nel campo Una donna trasporta una scatola piena di cibo fornito da una agenzia delle Nazioni Unite in un campo per sfollati a Deir ez-zor, in Siria (Afp)

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