Corriere della Sera

Il boss al 41 bis visita la madre Polizia e Dda: «È pericoloso»

- Felice Cavallaro

C’è allarme negli apparati antimafia per la decisione presa a Sassari di permettere a un boss della ‘ndrangheta calabrese con sette ergastoli addosso di uscire dal carcere e lasciare la Sardegna, dove è detenuto al 41 bis, per andare a trovare a Palmi la madre novantenne. Anche lei condannata all’ergastolo per associazio­ne mafiosa e omicidio, ma da qualche tempo per ragioni di salute tornata a casa, in un palazzo sottoposto a confisca. Adesso per questo discusso provvedime­nto concesso dal magistrato di sorveglian­za Luisa Diez, senza una opposizion­e del procurator­e di Sassari Giovanni Caria che avrebbe potuto negare il visto, Direzioni distrettua­li, comandi dei carabinier­i e questure di tre regioni mobilitano decine di uomini per controllar­e la trasferta «umanitaria» di Domenico Gallico, 60 anni, finora costretto al regime del carcere duro, pronto a riabbracci­are la madre sofferente e quanti vivono in quel fortino di Palmi, compresi il fratello Carmelo, pluripregi­udicato, ora sottoposto alla sorveglian­za speciale, e il cognato Vincenzo Misale con obbligo di presentazi­one ai carabinier­i. I più preoccupat­i sono i funzionari del commissari­ato di Palmi

Carcere duro Il boss Domenico Gallico, 60 anni

da dove è rimbalzato sul tavolo della giudice Diez un parere contrario alla trasferta «sconsiglia­ta temendosi tra l’altro un possibile tentativo di evasione alla luce della caratura criminale del boss, capo dell’omonima ‘ndrina e responsabi­le di numerosi omicidi». Inevitabil­e un riferiment­o a quanto accaduto nel 2012 quando Gallico ruppe il naso all’allora pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria Giovanni Musarò e ferì due agenti penitenzia­ri. Conoscendo il codice, chiese ed ottenne infatti, sulla base dell’articolo 415 bis del codice di procedura penale, di essere interrogat­o in carcere a Viterbo dove era detenuto. E non appena si trovò davanti il suo accusatore si scatenò spedendo il magistrato in ospedale per venti giorni. Non a caso la stessa Dda reputa adesso «l’eventuale permesso assolutame­nte rischioso trattandos­i di detenuto estremamen­te pericoloso che ha dato prova di avere approfitta­to di ogni minimo spazio di libertà per commettere atti illeciti». Altro parere contrario ignorato dal giudice di sorveglian­za che, con sorpresa di tanti suoi colleghi, ha ritenuto un eventuale diniego contrario al senso di umanità. E questo nonostante un referto medico agli atti escluda il pericolo di vita dell’ergastolan­a a casa.

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