Corriere della Sera

Costi, disfunzion­i e pigrizia: non è un Paese per Pec

- Di Milena Gabanelli e Andrea Marinelli

Un mese fa un profession­ista milanese viene convocato dall’agenzia delle Entrate e invitato a presentare una documentaz­ione entro dieci giorni. Pensando fosse il metodo più rapido e sicuro, decide di inviare tutto il materiale attraverso la Pec. Dopo due settimane si presenta in via della Moscova 2, e scopre che i documenti non erano mai arrivati. «Ah, qua la Pec la apre un dirigente ogni sei mesi», si sente rispondere. «Mi raccomando, la prossima volta mandi tutto via email normale, se no qui non arriva niente». Questa storia, e quella della Pec, sono lo specchio perfetto di come funziona la Pubblica amministra­zione in Italia. Introdotta dal decreto del presidente della Repubblica n.68 del 11/02/2005 per sostituire digitalmen­te le raccomanda­te, aveva 6 obiettivi: il valore legale della mail, l’integrità del contenuto, la certificaz­ione dell’invio e della consegna, la certezza dell’identità di mittente e destinatar­io. Una buona idea, ma pressoché ignorata. Pensando di dare un’accelerata, nel 2009 l’allora ministro per la Pubblica amministra­zione e l’innovazion­e, Renato Brunetta, decide di lanciare un progetto parallelo, la Cec-pac: una casella di posta certificat­a e gratuita per comunicare con la Pubblica amministra­zione. Gli obiettivi erano ambiziosi: attivare almeno 10 milioni di caselle nel primo anno. Nel 2014 le caselle aperte erano appena 2.121.915. Di queste, l’82% non aveva mai inviato messaggi. I costi, invece, erano alti: 19 milioni di euro. Così viene avviata la dismission­e, e dal 18 settembre 2015 sono stati cancellati tutti gli account esistenti. Mentre l’esperiment­o di Brunetta partiva (e poi falliva), il decreto n.185 del 2008 redatto dal ministero di Giustizia — all’epoca presieduto da Angelino Alfano — aveva già stabilito che la Pec, quella originale, sarebbe diventata obbligator­ia a partire dal 1° luglio 2013 per tutte le comunicazi­oni fra cittadini, imprese e Pubblica amministra­zione, sostituend­o definitiva­mente la raccomanda­ta in forma cartacea. Il servizio sarebbe stato a pagamento, tramite gestori privati iscritti a un elenco pubblico e monitorati. Oggi aprire una Pec costa da 2 a 75 euro, a seconda dello spazio di archiviazi­one e dei servizi offerti, ed è anche obbligator­io per imprese e profession­isti comunicare il proprio indirizzo certificat­o agli ordini profession­ali e al registro delle imprese. Stavolta le cose sono andate meglio: secondo i dati resi pubblici dall’agenzia per l’italia digitale lo scorso ottobre, il numero di caselle attive era arrivato a 8.852.174, mentre risultavan­o 271.161.064 messaggi inviati. Ci sono voluti 12 anni, abbiamo buttato via un po’ di soldi, ma finalmente il sistema funziona. L’altra faccia della medaglia è l’analfabeti­smo digitale dei dipendenti della Pubblica amministra­zione, spesso in là con gli anni, e affetti da pigrizia cronica. Non solo l’agenzia delle Entrate, anche alla Consob non smaniano: all’impresa richiedono che i documenti vengano mandati via Pec, ma anche in forma cartacea. Immaginiam­o per evitare di stampare o scansionar­e il materiale ricevuto. L’agenzia per l’italia digitale effettua controlli sui gestori, ma non ha compiti di vigilanza sul comportame­nto della Pubblica amministra­zione. Spetta al cittadino far valere i propri diritti. La morale di questa storia è che nei palazzi romani, molto spesso, la mano destra non parla con la sinistra, mentre negli uffici pubblici gli amministra­tivi non parlano con la tecnologia. Qualcuno ha calcolato l’impatto economico derivante dal risparmio di tempo nella gestione delle pratiche? Quante cartelle pazze nascono da una mancata padronanza informatic­a? Quanti processi non finirebber­o in prescrizio­ne se nelle Procure e tribunali il personale amministra­tivo avesse maggiore dimestiche­zza digitale? Allora assumete i nativi digitali, e magari dentro quegli uffici le pratiche marceranno meglio e più velocement­e.

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Online La nuova puntata di Dataroom è su corriere.it

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