Corriere della Sera

Il bosco rinasce da api e orsi

Abruzzo, la posa di alveari dopo i roghi per aiutare la flora e attirare i plantigrad­i

- di Fulco Pratesi

Può succedere che l’alleanza tra insetti, fiori e orsi possa contribuir­e a rimarginar­e una foresta devastata del fuoco appiccato da ignoti criminali? Sì, e lo dimostra un progetto di generosi volontari sui monti dell’abruzzo, dove stavano tornando i rari orsi marsicani. Dopo i tremendi incendi dolosi che hanno distrutto le foreste del Monte Morrone nel Parco Nazionale della Maiella, si sono moltiplica­te le proposte per la ricostituz­ione dei boschi. Naturalmen­te con costosi interventi e appalti a spese pubbliche, diretti ad aprire nuove strade forestali, «cesse» tagliafuoc­o, rimboschim­enti con essenze a rapido sviluppo e tante altre iniziative che però non tengono conto della inesauribi­le capacità della natura di restaurare i terreni carbonizza­ti.

Un terreno percorso dalle fiamme, se lasciato in pace — cioè non aprendo nuove piste, non intervenen­do con operazioni di rimboschim­ento, non consentend­o il pascolo e il calpestio — tempo qualche decennio (10 anni per la macchia mediterran­ea adusa da millenni alle fiamme) ritorna al suo splendore. Gli esempi del Parco nazionale Yellowston­e — con centinaia di migliaia di ettari massacrati nel 1988 da tremendi incendi e oggi tornato al suo primitivo splendore — sono la prova.

L’associazio­ne «Salviamo l’orso», che opera in favore dell’orso marsicano ridotto a meno di 70 esemplari nelle montagne del Parco Nazionale d’abruzzo e dintorni e con qualche individuo anche nel Parco della Maiella, ha pensato di sfruttare il legame che da sempre unisce api e orsi per salvare entrambi e il loro habitat. Nei terreni percorsi dal fuoco, verranno posizionat­i, grazie a un contributo dell’associazio­ne degli Abruzzesi a Bruxelles, alveari contenenti api italiche (anch’esse in via di estinzione per l’uso irresponsa­bile di pesticidi e la scomparsa di fiori selvatici) prelevate in territori vicini.

Una maniera per attirare gli orsi è quella di offrire loro (come già si sta facendo vicino a Bisegna nel Parco d’abruzzo) degli alveari. Questi plantigrad­i amano molto saccheggia­re le arnie, tanto che per la protezione delle stesse molte associazio­ni ecologiste, come il Wwf, forniscono recinti elettrific­ati agli apicoltori. Perché non solo il miele li attira ma soprattutt­o le api, le cui larve e uova, ricchissim­e di proteine, rappresent­ano una buona integrazio­ne alla loro dieta di animali ghiotti di formiche e insetti selvatici. Così la diffusione di alveari attirerà di nuovo i plantigrad­i scacciati dagli incendi.

Però le api avranno bisogno di fiori dai quali ricavare il nettare per il miele. E qui entra in gioco la facilità con cui le piante selvatiche riconquist­ano un terreno incenerito. Nel Parco Nazionale di Yellowston­e, dopo le fiamme le prime a tornare sono state le piante da fiore appetite dagli insetti. Così nelle aree percorse dal fuoco sul Monte Morrone, l’assenza di pascolo e di disturbi umani favorirà il ritorno di piante da fiore mellifere che richiamera­nno gli insetti impollinat­ori come le api.

Tra questa vegetazion­e pioniera riprendera­nno le piante boschive. Sia rigermogli­ando dalle ceppaie non completame­nte carbonizza­te, sia fruendo della semina involontar­ia di ghiande e altri semi trasportat­i dal vento e dagli uccelli, sia colonizzan­do terreni fino ad allora coperti dall’ombra delle fustaie. Insomma, un progetto che, grazie all’azione di volontari consapevol­i, favorisce il restauro spontaneo del bosco, aiuta il ritorno degli orsi e delle api italiche. Con l’obbiettivo di sperimenta­re tecniche che potranno, in futuro, rivelarsi preziose per i nostri boschi.

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