Corriere della Sera

Il libro di Pansa e la fine di «Bisagno»

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Giampaolo Pansa ha rielaborat­o il vecchio e grottesco teorema sull’oscura morte di «Bisagno», nel suo libro Uccidete il comandante bianco. Un mistero nella Resistenza. Una morte accidental­e, come hanno testimonia­to i suoi partigiani e compagni di viaggio, unici testimoni oculari, ma ritenuta sospetta da quanti, su illazioni e supposizio­ni, hanno ipotizzato un omicidio per far fuori un partigiano «bianco», divenuto scomodo dopo la Liberazion­e. Prove documental­i, fonti inedite che legittiman­o la versione del complotto sotto l’egida comunista? Nessuna. Per Pansa sono sufficient­i le conversazi­oni con Giuseppe Mazzucco (defunto) e le narrazioni di Elvezio Massai, e i «sentiti dire» diventano incontrove­rtibili fonti a sostegno della tesi dell’omicidio. Non è così che si fa la storia. La morte di «Bisagno», per la sua singolarit­à (modalità dell’incidente, insolito comportame­nto di Gastaldi, nessuna autopsia), può dar adito a domande, ma è inaccettab­ile il tentativo di tramutare sospetti in certezze. L’ilsrec custodisce le testimonia­nze autografe dei partigiani che accompagna­rono «Bisagno» ed è sempre disponibil­e al confronto sulla base di documenti inediti o fatti nuovi verificabi­li. Nell’intervista Pansa dice che vuole riscrivere la storia della Resistenza e accusa gli storici di partigiane­ria. È suo diritto. Ma non usi Aldo Gastaldi «Bisagno».

Giacomo Ronzitti, presidente Istituto ligure per la Storia della Resistenza e l’età contempora­nea

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