Corriere della Sera

È economico e fedele le qualità di Di Biagio il tecnico fatto in casa

Ha avuto un impatto positivo, ai suoi chiede coraggio

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Bocci

FIRENZE Da calciatore era più bravo a rompere il gioco che a costruirlo. Da allenatore, invece, Gigi Di Biagio ha una filosofia diversa: attaccare è la prima regola del suo vocabolari­o tecnico e ai discepoli azzurri, in questo stage che è il primo passo ufficiale della nuova vita, ha chiesto soprattutt­o «coraggio». Da calciatore ha esordito in serie A nella Lazio (una sola partita), ma si è affermato nella Roma e soprattutt­o nell’inter di Cuper dividendo la camera con Bobo Vieri. Da allenatore è un tipo fedele e questa fedeltà alla maglia azzurra e alla Federcalci­o può essere l’asso nella manica quando i commissari (e Malagò) sceglieran­no il c.t. a cui affidare il rilancio vero e proprio del nostro calcio.

Di Biagio al momento è la soluzione tampone, un allenatore con la valigia, ma anche uno di casa in via Allegri, un canterano come tanti suoi illustri predecesso­ri, da Enzo Bearzot, passando per Azeglio Vicini sino a Cesare Maldini. Il paragone, ne siamo certi, lo imbarazzer­ebbe. Gigi è schivo, concreto, determinat­o. Anche lucido. Concentrat­issimo sul lavoro (unica vera distrazion­e il paddle, spesso con Luca Marchegian­i). E pronto a giocarsi le sue carte: non ha ricevuto garanzie, né aumenti di stipendio (250 mila euro sino al 2019). Ma non ha mostrato incertezze quando la coppia Fabbricini-costacurta, con il sostegno di Michele Uva, gli ha affidato quel che rimaneva della Nazionale dopo la storica eliminazio­ne dal Mondiale in Russia. «Credo che il futuro commissari­o tecnico debba essere sia selezionat­ore che allenatore», ha risposto durante la sua prima conferenza stampa. E si sente un po’ così. «Sono da 8 anni in Figc e conosco bene le dinamiche. Ma so anche che il lavoro sul campo serve tantissimo», racconta.

In azzurro ha cominciato come osservator­e, ma è stato Arrigo Sacchi con Maurizio Viscidi, coordinato­re delle Nazionali giovanili, a trovargli una panchina: prima quella dell’under 20, poi quella della 21. Ora Viscidi esulta perché «dopo 20 anni abbiamo in prima squadra un allenatore cresciuto da noi. Spero che Gigi possa rimanere oltre queste due prime partite…». In effetti potrebbero diventare quattro, cioè le altre due amichevoli, oltre a quelle con Argentina e Inghilterr­a, che chiuderann­o la triste stagione azzurra: l’1 giugno a Nizza con la Francia e il 4 allo Stadium di Torino con l’olanda. Questo perché i tempi per la ricerca di mister X si allungano sino alla fine del campionato.

Costacurta non ha nascosto la passione per Conte, la trattativa con Mancini si è fermata per non innervosir­e lo Zenit, in pista resta anche Ranieri. Tutta gente sotto contratto. Ci vuole pazienza e prudenza.

Ma in questa lista di alto profilo Di Biagio non sfigura. Perché è un prodotto del vivaio azzurro, si accontente­rebbe di uno stipendio «normale», accettereb­be un contratto solo sino all’europeo 2020, ha il giusto spirito di servizio. La sua Italia contro l’argentina senza gli juventini Dybala e Higuain (23 marzo all’etihad di Manchester) e l’inghilterr­a di Kane (27 a Wembley) sarà un mix di giovani e esperti dentro lo spregiudic­ato 4-3-3: la chioccia Buffon, l’esperienza di Bonucci e Chiellini, la scommessa Balotelli. A chi lo ha scelto, l’impatto è piaciuto e il vice commissari­o Costacurta questa mattina sarà a Coverciano per incoraggia­rlo. Certo, resta la volontà di puntare su un allenatore importante. Ma Di Biagio è in corsa. I risultati di marzo saranno il logico spartiacqu­e.

Sorpresa

Conte, Mancini e Ranieri sono gli obiettivi, ma attenti al finale a sorpresa

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(Lapresse) Commissari­o tecnico Gigi Di Biagio, 46 anni

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