Se il fantasma di Montalbano divora gli altri libri di Camilleri
Per salvare Andrea Camilleri, la sua preziosa produzione, i suoi insegnamenti, il suo ruolo bisognerebbe forse mettere una moratoria sulle produzioni televisive che lo riguardano. Perché temo sia iniziato un processo di «montalbanizzazione», se così si può dire, di Camilleri.
La figura del personaggio da lui creato si sta divorando l’intera produzione letteraria e Camilleri stesso. Ne è prova evidente il film-tv La mossa del cavallo. C’era una volta Vigata, prodotto sempre da Palomar, firmato da Camilleri con Francesco Bruni e Leonardo Marini, diretto da Gianluca Maria Tavarelli (Rai1, lunedì, ore 21.30). Questa volta il fantasma di Montalbano (qui interpretato da Michele Riondino) si cala nei panni ottocenteschi dell’intransigente «ispettore ai mulini» Giovanni Bovara.
Nato a Vigata ma sempre vissuto al nord, a Genova, viene inviato nel territorio di Montelusa per investigare sull’imposta sul macinato, l’odiata «tassa sul pane» come veniva allora chiamata, che sta provocando episodi di corruzione e strane morti tra i funzionari.
Come sempre, l’impianto poliziesco è abbastanza semplice: Bovara esce dall’incubo di essere passato da investigatore a investigato recuperando il dialetto, entrando cioè nella testa dei suoi accusatori, accettando soprattutto il mondo del farsesco (inteso come genere), dove un prete, padre Carnazza, pensa ossessivamente alle grazie di una vedova, dove gli ispettori sono corrotti ma più ancora hanno facce da corrottissimi, dove i «piemontesi» cercano di portare la «legge» in una Sicilia atavica, legata a leggi tribali e mafiose in stile western.
Per liberarsi dal fantasma di Montalbano ci sarebbero voluti interpreti come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o anche come Ficarra & Picone. Era il solo modo per evitare il grottesco, per scansare di rivoltarsi artificiosamente nel dialetto.