Corriere della Sera

La scelta di Letta: sostengo Gentiloni Caso Fioramonti nel «governo» 5 Stelle

- di Massimo Franco

«Il voto del 4 marzo? Se penso a Italia e Europa voglio augurarmi che Paolo Gentiloni ne esca rafforzato con la coalizione che lo sostiene». Enrico Letta, con un tweet, sostiene il premier e spera in un suo bis. Mentre scoppia il caso Fioramonti, indicato da Di Maio come futuro ministro in un eventuale governo pentastell­ato per le sue posizioni contro Israele. Per lo Sport indicato Domenico Fioravanti.

Sono ultimi giorni dominati dal tatticismo: a conferma che i veri piani emergerann­o soltanto dopo il voto. E la quasi certezza che nessuno dei partiti né delle coalizioni riuscirà a ottenere una maggioranz­a sufficient­e a governare, acuisce la cautela in tema di alleanze. È significat­ivo che, dopo avere lasciato capire di essere pronto a un esecutivo con tutti, Pietro Grasso, leader di Leu, abbia voluto specificar­e di riferirsi a un accordo solo per cambiare la legge elettorale. C’è il timore di disorienta­re i sostenitor­i, e insieme di acuire le tensioni all’interno dei partiti.

Basta vedere quanto accade nel centrodest­ra e nel Pd; e i segnali contraddit­tori nel M5S. Così, un Silvio Berlusconi tallonato dal protagonis­mo leghista, si definisce «garante del nostro governo in Europa»: proprio nel giorno in cui Matteo Salvini ripropone la sua freddezza verso l’euro, sostenendo di non volerne uscire solo perché l’italia pagherebbe un prezzo altissimo; e mentre la leader di FDI, Giorgia Meloni, incontra il controvers­o premier ungherese Viktor Orbàn. E propone che l’italia guardi «più al gruppo di Visegrad».

È l’alleanza tra Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, nucleo duro e ostile alle istituzion­i di Bruxelles. La divergenza è su un tema dirimente. Proietta un’ombra sulla tenuta del centrodest­ra, se non avrà i seggi per governare da solo. Ma problemi di tenuta li sta vivendo anche il Pd. Il sostegno crescente a Paolo Gentiloni premier presente e futuro è un larvato segno di sfiducia verso Matteo Renzi: quasi un modo per dirgli che la sua stagione volge al termine; che solo Gentiloni potrebbe arginare un disastro.

La tattica

In attesa del verdetto del 4 marzo la tattica sovrasta le ultime mosse elettorali dei partiti, percorsi da tensioni anche interne

Il segretario, però, sa di controllar­e ancora il Pd; e di avere un gruppo parlamenta­re di fedelissim­i. Per questo ha già detto che non si dimetterà, in caso di sconfitta. E si è tenuto la porta aperta per un passaggio del Pd all’opposizion­e, se non sarà il primo partito. «Non ce l’ha detto il dottore di andare al governo». Parole, di nuovo, tattiche. Ma forse anche un avvertimen­to a chi nel Pd si prepara a insidiarne la leadership, puntando su Gentiloni come premier di un esecutivo allargato oltre FI.

Renzi evoca il pericolo di «un governo Cinque Stelle-lega»: una miscela politica che preoccupa le cancelleri­e europee. Ma Luigi Di Maio, candidato del Movimento, accredita ogni giorno percentual­i in ascesa. E si gode l’effetto ottenuto con la presentazi­one del suo governo virtuale, con lista spedita al Quirinale: operazione spregiudic­ata, che si accompagna a riconoscim­enti quotidiani al capo dello Stato, Sergio Mattarella, e alla negazione di qualunque alleanza. Di nuovo, tattica; aspettando, come tutti, il 4 marzo.

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