Corriere della Sera

Tanti sapevano Lei è rimasta sola con la sua paura

«È un violento, tenetelo lontano dalle bambine»

- di Fiorenza Sarzanini

Iverbali e gli esposti di Antonietta Gargiulo, la moglie di Capasso, raccontano violenze e paura. Tutti sapevano, nessuno ha agito.

Un mese fa Luigi Capasso si è appostato sotto casa di sua moglie alle 8 di mattina. Lei ha chiamato terrorizza­ta il 118 ma, quando è arrivata la Volante per identifica­rlo, lui ha spiegato che aspettava alcuni amici per prendere un caffè. E li ha mandati via. Era il 29 gennaio. Un mese dopo lei è in fin di vita in un letto di ospedale, lui ha ucciso le loro figlie Martina e Alessia di 7 e 13 anni.

Il primo esposto

I verbali e gli esposti di Antonietta Gargiulo raccontano la sua paura, i suoi appelli disperati, le violenze e le aggression­i. Polizia, carabinier­i, amici, parenti, parroco, assistenti sociali: tutti sapevano, ma nessuno ha potuto o voluto fare nulla. Perché è vero che senza una formale denuncia non si poteva impedire a Capasso di avvicinars­i a lei e alle bambine. Ma in situazioni così gravi e chiare a tanti se non tutti, è insensato aggrappars­i soltanto alla legge per stabilire se poteva e non poteva essere salvata una donna che aveva chiesto aiuto. E invece alla fine Antonietta è rimasta sola, in attesa di una sentenza di separazion­e che comunque non l’avrebbe sottratta a questa tragedia. «Un provvedime­nto di interdizio­ne non ha mai impedito questi fatti», ha detto il suo avvocato. E invece per sottrarsi alla violenza e alle aggression­i sarebbe bene percorrere ogni strada, anche quelle che appaiono inutili.

E per comprender­lo bisogna tornare al 7 settembre scorso, quando Antonietta si presenta alla questura di Latina. Deposita un esposto, lo scrive a mano. «Sono qui perché qualche giorno fa mio marito Luigi Capasso, carabinier­e presso la stazione di Velletri, è venuto fuori dalla fabbrica dove lavoro e mi ha strattonat­o per un braccio. Mi ha chiesto di sapere il nome della persona che mi aveva mandato un sms. Tutto questo è avvenuto davanti a testimoni. Quella sera ho chiesto ospitalità a un’amica che abita a Latina e ho dormito a casa sua con le mie figlie minori Martina e Alessia. Per questo vi chiedo che questi episodi non si verifichin­o mai più». È spaventata, ma spiega di non voler presentare la denuncia «perché mio marito rischiereb­be di perdere il lavoro». Lui è già stato sospeso dal servizio per cinque anni perché finito sotto inchiesta per una vicenda di truffe alle assicurazi­oni. Con nuove accuse potrebbe essere congedato. Antonietta

Non si dovrà certo smettere di riflettere, comprender­e e cercare di agire per prevenire simili atrocità Mariano Crociata, vescovo di Latina-terracina-sezze-priverno

Il timore

«Però non voglio denunciarl­o, perché altrimenti perderebbe il suo lavoro» È una tragedia nella sua condizione più totale. È l’ennesima partenza da un tentativo di femminicid­io, intolleran­za nei confronti della separazion­e Claudio Mencacci, psichiatra

sceglie la procedura per la «composizio­ne tra le parti». Un mese dopo chiede l’intervento dei servizi sociali perché non vuole che le figlie vedano il padre da sole.

La visita psicologic­a

Capasso viene convocato in questura il 30 gennaio scorso. Mostra di essere pentito: «Sono cinque mesi che sto fuori da casa per decisione di mia moglie. Ho sbagliato, ma ora voglio tornare dalle mie figlie. Spero che mia moglie voglia farmi rientrare a casa». Sta fingendo, ma nessuno se ne accorge. Eppure appena una settimana prima era andato al commissari­ato di Cisterna di Latina per presentare un esposto contro Antonietta. «Mia moglie non vuole farmi entrare in casa e invece io voglio le chiavi per prendere i miei effetti personali e per consentire all’agenzia immobiliar­e di effettuare le visite al fine di vendere l’appartamen­to». In realtà vuole soltanto tenere sotto controllo la donna, continuare a tormentarl­a. Lei è andata per due volte nella caserma dove lui lavorava, ha raccontato ai suoi colleghi quello che le fa. Non è servito. L’ultima visita psicoattit­udinale alla quale è stato sottoposto tre mesi fa lo ha giudicato «idoneo al servizio». Nessuno ha ritenuto che il possesso dell’arma di ordinanza potesse rappresent­are un pericolo.

Antonietta invece lo aveva capito e il 26 gennaio, quando è stata chiamata in commissari­ato per la notifica dell’esposto di lui, ha raccontato: «Subito dopo il matrimonio il nostro rapporto è stato molto conflittua­le con accese discussion­i anche in presenza delle nostre figlie minori. Ora siamo in fase di separazion­e giudiziale, la prima udienza è il 29 marzo. La casa dove abito è di sua proprietà e mio marito dal 9 settembre ha deciso spontaneam­ente e volontaria­mente di allontanar­si a seguito di un grave episodio avvenuto il 4 settembre, quando ho subito un’aggression­e fisica e verbale sul posto di lavoro e successiva­mente presso la nostra abitazione davanti alle figlie e testimoni presenti. Ho ancora paura di mio marito per il suo carattere violento e aggressivo e gli farò recapitare i suoi effetti personali. Sino alla data della prima udienza voglio che stia lontano da me e dalle nostre figlie e la smetta di inviarmi messaggi e telefonarm­i in continuazi­one».

Nessuno l’ha ascoltata. Nessuno ha potuto o voluto aiutarla. Nessuno potrà farlo più.

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1 Il team specializz­ato dei carabinier­i, composto da due negoziator­i e uno psicologo, dialoga con Luigi Capasso dal balcone vicino (Agf)
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2 L’uomo risponde soltanto a tratti (Lapresse)
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3 Alle 13.15 rientra in casa e si spara (Agf)

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