I due mediatori, lo psicologo Le 7 ore al balcone con l’assassino
Il tentativo di convincerlo alla resa. «Diceva frasi sconnesse»
CISTERNA DI LATINA Sette ore, forse qualcosa in più, appoggiati a una ringhiera di balcone, in bilico tra speranza, rassegnazione, giochi psicologici per sfiancare Luigi Capasso, invitarlo a desistere, fargli aprire quella porta e sperare che dietro ci siano ancora vive le sue figlie, anche se la ragione dice il contrario.
La trattativa condotta con il carabiniere da due colleghi dell’arma specializzati in situazioni di questo tipo e da uno psicologo di supporto comincia poco dopo le 6, quando la scena del crimine è già definita ma col dubbio che gli spari uditi nell’appartamento non siano stati mortali. Capasso è sul terrazzino. Ha già mandato un sms al fratello Gennaro, che appare inequivocabile: «Ho fatto quello che andava fatto», ma ora, davanti alla squadra che prova a entrare nella sua mente, si ritrae, manda segnali equivoci. «Sì, ho sparato anche a loro, ma non so se sono morte», dice. Fa due passi all’interno, poi torna ad affacciarsi: «Non ho il coraggio di controllare».
Ogni ipotesi di blitz della squadra speciale che intanto si è aggiunta è necessariamente sospesa. Capasso è ancora armato e si prova a distrarlo. A farlo parlare per capire meglio. Evita i discorsi sulla moglie: «Mi ha denunciato per quella lite in fabbrica, che disonore». La sua preoccupazione è rivolta al padre lontano, che è in sedia a rotelle. Da Secondigliano parte il fratello che intanto parla con lui al telefono. Ma Capasso non molla. Col passare dei minuti cade anche l’ultima speranza. Se Alessia potrebbe essersi rintanata per il terrore, è il ragionamento dei carabinieri, sembra impossibile pensare che Martina non abbia emesso un grido e abbia resistito al pianto. La casa è muta. Squilla solo il telefono di Antonietta Gargiulo. È la sua avvocatessa e a lei Capasso, che ha sottratto la borsa alla moglie dopo averle sparato, conferma di aver ucciso le figlie. Il 43enne comincia a dare segni di instabilità. Parla del Paradiso, «ci rivedremo lì», ripete. E sembra riferirsi alla famiglia. Arrivano le sorelle della moglie, con don Livio, della parrocchia di San Valentino, che conosceva la coppia e le sue liti. «Martina frequentava l’azione cattolica — racconta poi —. Non mi ha mai parlato dei genitori, ma so che aveva capito la brutta situazione». La presenza del parroco non rasserena Capasso, che rientra in casa un’ultima volta e fa fuoco contro di sé. Sono le 13.15. La porta viene ora spalancata con la forza, ma dentro non c’è più vita.