Corriere della Sera

I renziani preoccupat­i, «ma non da Enrico»

- Monica Guerzoni

ROMA Più il voto del 4 marzo si avvicina, più l’elenco dei pretendent­i alla segreteria del Pd si allunga. Al Nazareno i dirigenti più vicini a Renzi tengono d’occhio il vorticoso movimento dialettico di ministri, fondatori e padri nobili, usciti uno dopo l’altro allo scoperto per dichiarare il loro sostegno a Paolo Gentiloni.

La corsa agli endorsemen­t, che pure hanno il dichiarato intento di dare una mano a un partito in affanno, viene letta nei dintorni della segreteria renziana come un progressiv­o tentativo di picconare la leadership dell’ex premier. Il quale ha fiutato l’aria della tempesta in arrivo e, per quanto ostenti la tetragona sicurezza di restare al timone della barca anche con i più violenti venti di sconfitta, ha cominciato a lanciare avvisi ai naviganti: «Non me ne vado nemmeno se perdo».

Dopo Prodi, Napolitano, Calenda e Veltroni, ieri è tornata a farsi sentire la voce di Enrico Letta, speranzoso che dal voto di domenica «Gentiloni esca rafforzato, con la coalizione che lo sostiene». L’ex capo del governo rottamato anzitempo non ha espresso una sola parola in favore del Pd. Eppure non è lui per il Nazareno l’avversario più temibile, nel caso in cui Renzi dovesse precipitar­e oltre l’argine del 20%. «Enrico non ha truppe», si ragiona nell’entourage del leader. E lo stesso Letta d’altronde non fa che ribadire la sua distanza: «Io sono fuori, faccio un altro mestiere».

Chi è dentro come è noto è Dario Franceschi­ni, un ministro che avrebbe tutte le carte in regola per succedere a Renzi in caso di débâcle. Gode di un ampio consenso personale, è già stato segretario ed è l’unico dei leader dem in grado di spostare truppe in Parlamento e in Direzione, dove Renzi ha una maggioranz­a schiaccian­te.

Tra i possibili competitor si è parlato molto di Marco Minniti, il ministro che non votò le liste in segno di protesta per la mannaia renziana su minoranze e potenziali avversari, tra cui lui stesso e Graziano Delrio. Ma adesso al Nazareno non fanno che sottolinea­re quanto «Marco» sia leale con «Matteo». Un tema, quello della lealtà, che taglierebb­e fuori anche Gentiloni.

Di Andrea Orlando si ricorda che ha già perso le primarie. Di Nicola Zingaretti si registrano con attenzione potenziali­tà, ambizioni e la saldatura con Bersani e D’alema. «Lo abbiamo iscritto a Leu», scherzava giorni fa Roberto Speranza per rivelare gli amorosi accenti tra Leu e il governator­e. Eppure non è Zingaretti il nome che più impensieri­sce il leader del Pd. Il vero avversario, a quanto si registra ai piani alti del Nazareno, sarebbe Walter Veltroni, il fondatore la cui oratoria ancora scalda i cuori dei militanti. «Io segretario? Non ci penso proprio», ha scacciato l’ipotesi l’ex sindaco di Roma. Ma al Nazareno lo tengono d’occhio, come l’unico veramente in grado di saldare classe dirigente e seguito popolare. «Sarebbe bello se Walter tornasse...», sospirava domenica Anna Finocchiar­o al teatro Eliseo.

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