Si è inceppato pure il festival delle promesse
Contrariamente alla consuetudine, e sempre che, con il generoso aiuto dei finora malmostosi e nullafacenti hacker russi, non ci saranno i fuochi d’artificio della vigilia, l’ultima settimana della campagna elettorale più vacua della storia ha visto scomparire il festival delle promesse. Sì certo, è rimasta la chimera della Flat tax, oppure quella sempre più blandamente proposta del reddito di cittadinanza di marca Cinque Stelle. Con il Partito democratico, che per non cadere nella spirale delle promesse, ha deciso una linea low profile: non dire niente. Era partita con botti e mortaretti. Si aboliva tutto quello che irritava, con costi apocalittici. Ma la ruota delle promesse sembrava inarrestabile. Pensioni aumentate a dismisura. Fornero abolita. Bonus per le mamme. Dentiere gratis. Veterinari gratis per gli anziani. Abolizione delle tasse universitarie. Abolizione del canone Rai. Abolizione dell’abolizione dell’abolizione eccetera, come in una poesia di Gertrude Stein. Ottanta euro universale o quasi. Redditi di povertà. Redditi di inserimento. Era una fiera dell’impossibile ma si sparavano a raffica le promesse più mirabolanti. Era la promessa di una campagna elettrizzata dalle promesse. Il prologo di ogni delizia. L’antefatto di tutte le cornucopie. Si mobilitò la pattuglia dei più pignoli quantificatori: ma questo non si può, questo fa saltare i conti, qui la spesa pubblica esplode. Ma niente, promesse da macinare senza sosta. Tuttavia quello che non hanno potuto gli esperti contabili, ha potuto la stanchezza: la grande, scintillante promessa a un certo punto è venuta a noia. Ora ogni promessa viene accolta con un’alzata di spalle, scettica, disincantata. Per un po’ il rinnovato scontro pieno di futuro tra fascisti e comunisti ha sostituito le tavolate delle promesse. Ma poi, negli ultimi giorni della campagna elettorale si torna a baloccarsi con gli scenari più triti. La possibilità delle larghe intese, liste dei ministri recapitate via mail al Quirinale, leggi elettorali. E gli hacker russi? Dormono di già.