Dalla scuola al lavoro, intesa con tre Regioni: più autonome da Roma
Dopo Emilia, Lombardia e Veneto altre ora trattano
ROMA Con uno sprint finale prima delle elezioni, lo Stato ha perfezionato con Emiliaromagna, Lombardia e Veneto un accordo preliminare sull’autonomia amministrativa differenziata. Che riguarda quattro materie: istruzione, sanità, lavoro e ambiente. Ora però, per essere ratificata nella prossima legislatura, l’intesa dovrà poter contare sulla maggioranza assoluta delle Camere che si eleggono domenica. E, intanto, altre regioni si sono fatte avanti con il governo Gentiloni, in questa corsa all ’«autonomia variabile»: Piemonte e Liguria hanno avviato trattative, Puglia e Campania sono all’inzio del percorso.
Così a Palazzo Chigi si sono ritrovati insieme per la firma dell’accordo il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa (Pd), i governatori leghisti Roberto Maroni e Luca Zaia e quello dem Stefano Bonaccini: «È una data storica, indietro non si torna», è stato il commento più o meno unanime. E il premier Gentiloni, da Bologna, ha aggiunto: «Con questo accordo non sono in gioco egoismi ma servizi di migliore qualità per tutti i nostri cittadini. Così abbiamo riportato la questione nei binari previsti dalla Costituzione».
L’intesa tra il governo e le tre regioni apripista arriva al termine di un lungo percorso: iniziato con la richiesta dell’emilia (inverno 2017) e proseguito con le leggi regionali approvate in Lombardia e in Veneto dopo i referendum indetti da Maroni e da Zaia (l’ultimo a sedersi al tavolo della trattativa) nell’autunno dello scorso anno.
Per il governo, il tessitore di questa trama è stato il sottosegretario Bressa: «Ringrazio il presidente del Consiglio che mi ha chiesto di firmare l’accordo che, e questo ha quasi dell’incredibile, è stato possibile grazie a un mio emendamento fatto durante i lavori della Bicamerale poi ripreso dalla riforma costituzionale del 2001».
In concreto, nel campo dell’istruzione, le tre regioni avranno la possibilità di amministrare con più elasticità calendari e moduli organizzativi, fermo restando l’unicità dei programmi nazionali e il contratto nazionale dei docenti che però potrebbero ricevere incentivi «locali». Per la Sanità, fatti salvi i livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale, che sulla carta dovrebbero essere uguali in tutte le regioni, Emilia-romagna, Lombardia e Veneto potranno organizzare con più autonomia le Asl. L’emiliaromagna, poi, ha chiesto di far da sola anche sulla distribuzione dei farmaci.
In principio, dopo i referendum, Maroni aveva chiesto di trattare su tutte e 23 le materie non esclusive mentre Zaia aveva puntato per il Veneto sullo status di regione a statuto speciale. Poi le cose sono cambiate e l’accordo è apparso a portata di mano non solo per l’emilia-romagna ma pure per Veneto e Lombardia: «Questo risultato straordinario lo dobbiamo ai 3 milioni di lombardi che sono andati a votare al referendum e al lavoro dell’assessore Gianni Fava», ringrazia Maroni. «Indietro non si torna», confermano Zaia e Bonaccini. E Bressa, che lascia il testimone, avverte: «Non è un patto politico. È un accordo istituzionale tra lo Stato e tre regioni. Se il prossimo governo non vorrà andare in questa direzione dovrà spiegarne il perché».
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