I Kushner, saga di torri e debiti Ora Jared preoccupa Trump
Il genero cerca un miliardo. Lascia Hicks, la portavoce del presidente
WASHINGTON I dolori del giovane Kushner hanno un indirizzo preciso: 666 Fifth Avenue, Manhattan. È la torre di 41 piani che Jared Kushner comprò nel 2007, per la cifra record di 1,8 miliardi di dollari. Nei suoi piani quell’acquisizione avrebbe dovuto segnare il salto di qualità della società di famiglia, la Kushner Companies, fondata dal padre Charles nel 1985. Fino a quel momento l’azienda aveva fatto soldi costruendo e vendendo appartamenti di piccola taglia nel New Jersey, seguendo la scia del nonno di Jared, Joseph Kushner, ebreo sopravvissuto all’olocausto, emigrato negli Stati Uniti nel 1949. Charles, classe 1954, diventò uno dei palazzinari più aggressivi e spregiudicati del New Jersey.
Nel 2005 fu condannato per evasione fiscale e anche per aver cercato di strappare una falsa testimonianza dal cognato, inviandogli una prostituta e registrando l’incontro.
Quando Jared decide di spostare il baricentro del business a Manhattan, Charles è appena uscito da una prigione dell’alabama. Ma la svolta si rivela un pessimo affare: la Kushner Companies accumula un debito di 1,2 miliardi di dollari, in scadenza nel gennaio 2019.
Ecco, questo è l’antefatto necessario per capire tutti i
sospetti sui conflitti di interesse, che stanno attirando l’attenzione del Super procuratore Robert Mueller. Una storia che rende Jared vulnerabile, forse ricattabile, come per primo il consigliere per la sicurezza nazionale Herbert Raymond Mcmaster ha fatto notare a Donald Trump. Ed è anche per eliminare questa debolezza che il capo dello staff, John Kelly, martedì ha declassato il ruolo di Kushner, ridimensionandogli la security
clearence ed escludendolo dalle informazioni «top secret». Mentre ieri Trump ha dovuto incassare le dimissioni della sua direttrice della comunicazione, l’ex modella Hope Hicks.
Negli ultimi due anni il marito di Ivanka Trump non ha smesso di cercare soldi per ridurre la sua esposizione finanziaria. Sul sito della Kushner Companies, nella sezione Partners & Lenders, soci d’affari e creditori, compaiono i loghi di 18 banche, quasi tutti medi istituti di credito americani, più alcune filiali straniere. Inoltre ci sono grandi fondi come Blackstone. I portavoce della Kushner Companies fanno sapere che l’immobile di Manhattan è solo «una piccola parte» dell’attività. Se è così, non dovrebbe essere difficile aprire nuove linee di credito. Invece, Jared ha ottenuto solo il prestito di 285 milioni dalla Deutsche Bank, un mese prima delle elezioni presidenziali. Proprio ieri, scrive il Financial Times, il Department of Financial Services, l’autorità di vigilanza di New York, ha chiesto chiarimenti alla banca tedesca e altri due istituti, Signature Bank e New York Community Bank.
In ogni caso mancherebbe un miliardo per saldare il conto. Mueller sta indagando sui contatti intrecciati da Kushner su vari fronti. Russia, con Sergei Gorkov, della Vnesheconombank. Arabia Saudita, direttamente con il principe ereditario, Mohammed bin Salman. Cina, con i manager della compagnia Anbang, l’acquirente del Waldorf Astoria Hotel a New York. Qatar, con l’ex ministro delle finanze Hamad Bin Jassim al-thani, ora alla guida di un fondo sovrano con un patrimonio di 250 miliardi di dollari.
Con Anbang e al-thani , Charles e Jared Kushner stavano montando un’operazione da circa 4 miliardi di dollari.nessun progetto, però, è andato in porto. Nel frattempo, come rivelato dal Washington Post, i diplomatici di almeno quattro Paesi, cioè Cina, Messico, Israele, Emirati Arabi, erano convinti di poter manipolare Kushner, facendo leva sulla sua vulnerabilità finanziaria e sulla sua mancanza di esperienza politica. Ma le strategie di Jared, finora, non hanno raggiunto alcun risultato né in Messico, né in Cina, né nel Medio Oriente.