Corriere della Sera

Addio allo storico Pierre Milza Una lettura europea del fascismo

Lo studioso scomparso era figlio di un immigrato italiano. Scrisse su Mussolini, Verdi e Garibaldi

- di Sergio Romano

Ho conosciuto Pierre Milza, scomparso all’età di 85 anni, alla Sorbona nel 1977, in occasione della cerimonia con cui una giuria presieduta da Jean-baptiste Duroselle (uno dei maggiori storici di relazioni internazio­nali del secolo scorso) gli conferiva un dottorato in Lettere. Ma avevo già letto la sua monumental­e ricerca sulla emigrazion­e italiana in Francia e sapevo che stava lavorando con Serge Berstein sul fascismo italiano e i suoi simpatizza­nti francesi.

Milza non era, nel 1977, un giovane «dottore». Figlio di un operaio italiano immigrato in Francia negli anni Venti, era nato a Parigi nel 1932 e aveva fatto, per due decenni, una dignitosa carriera nel mondo della educazione nazionale. Si era diplomato alla Scuola normale degli istruttori, aveva insegnato Storia in una scuola secondaria e più tardi in un liceo di provincia, era stato addetto al Centro nazionale della ricerca scientific­a e assistente universita­rio.

Duroselle aveva capito che quel tenace studioso francese di origine italiana aveva la stoffa dello storico e lo presentò a Enrico Serra, consulente della Farnesina e direttore del suo archivio. Nacque così un gruppo di studi italo-francese che lavorò per parecchi anni a esplorare i molti passaggi storici, fra Ottocento e Novecento, in cui Francia e Italia erano state ora alleate, ora avversarie, ma sempre attratte dalle rispettive virtù e dai rispettivi difetti. Con un piede in Francia e l’altro in Italia, Milza aveva finalmente scoperto la sua vocazione.

Negli anni seguenti passò dalla Sorbona all’istituto di Scienze politiche, fondò e diresse il Centro di storia europea del XX secolo, diresse la «Revue d’histoire contempora­ine». Era attratto dall’insegnamen­to, ma ancora più, credo, dal desiderio di raccontare tutto ciò che aveva appreso e insegnato nel corso degli anni.

La sua bibliograf­ia è impression­ante. Dopo i libri sulla emigrazion­e italiana e sul fascismo, scrisse una Storia d’italia (un volume di mille pagine) che cominciava all’epoca degli Etruschi, arrivava ai nostri giorni e terminava con una rassegnata citazione di Jules Michelet: «È nel mezzo delle sofferenze, dei suoi complotti e delle sue rivoluzion­i che l’italia ha offerto al mondo la quintessen­za della sua civiltà».

Milza non era un medievista e non credo che fosse attratto dalla scuola delle «Annales», la corrente storiograf­ica che considerav­a la storia dei costumi e delle mentalità molto più importante di quella degli Stati e delle loro battaglie. Ma aveva studiato con un grande medievista, Yves Renouard e affrontò brillantem­ente, nel suo libro, anche il lungo Medioevo italiano. Terminata la Storia d’italia (molto amata in Francia e pubblicata in Italia da Corbaccio) si dedicò a quattro grandi biografie di personaggi della Penisola: Garibaldi, Mussolini, Verdi, Pio XII. Ma non abbandonò la storia di Francia e pubblicò, insieme a due biografie (Voltaire e Napoleone III), una storia della guerra franco-prussiana del 1870-71, sfociata nella Comune di Parigi.

Il tema del fascismo nei suoi studi è ricorrente, quasi ossessivo. Il figlio di immigrati (il padre era antifascis­ta) voleva esplorarne le radici, comprender­e le ragioni del consenso di cui il regime aveva goduto soprattutt­o negli anni Trenta. Dopo gli studi con Serge Berstein sul movimento fascista come fenomeno europeo, scrisse anche una Storia del fascismo da piazza San Sepolcro a piazzale Loreto (Bur) e un saggio sul rapporto che aveva legato Mussolini a Hitler, soprattutt­o nell’ultima fase della Seconda guerra mondiale.

Credo che dietro a questi studi vi fosse una immensa curiosità. Milza scriveva quando un avveniment­o non gli era chiaro, quando aveva bisogno di spiegare a se stesso la natura e le motivazion­i di un personaggi­o storico. Questa straordina­ria produzione storiograf­ica gli procurò qualche osservazio­ne critica e qualche dubbio sulla precisione delle sue ricerche. Le critiche non mi sembrarono meritate. Dalla lettura di ogni suo libro uscivo sempre con molte notizie in più e una crescente ammirazion­e per questo infaticabi­le scrivano del XX secolo.

Ho tralasciat­o un piccolo particolar­e della sua vita. Milza è morto a Saint Malo, la città bretone dei corsari del re di Francia, era proprietar­io di cavalli e li amava appassiona­tamente.

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Lo storico francese Pierre Milza, figlio di un operaio, era nato a Parigi il 16 aprile 1932

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