Corriere della Sera

L’opera comica che rievoca la tradizione

- di Enrico Girardi

Al netto delle scelte estetiche e linguistic­he, improntate a un tradiziona­lismo su cui si discutereb­be all’infinito, l’ultima opera di Marco Tutino raggiunge gli esiti sperati. Soddisfa cioè la platea di un teatro che torna a investire sul teatro musicale di oggi e che dà credito all’idea di un’opera comica, cioè a dire di una vera e propria scommessa.

Il soggetto è Miseria e nobiltà: parte dunque dal teatro (Scarpetta), passa dal cinema (Totò) e arriva, in una forma necessaria­mente ridotta all’osso, all’opera. E compiace la platea perché il buon artigianat­o che si richiede a un’opera che si richiama alla tradizione, Tutino lo garantisce in una misura decisament­e superiore a quella degli anni ottanta e novanta, quando operazioni del genere rientravan­o di default nell’ottica del Neoromanti­cismo. Ecco allora la buona melodia quando occorre. Ecco i ritmi di danza che non guastano, una vocalità scaltra e un’ottima orchestraz­ione. Ecco soprattutt­o, nel rievocare il glorioso passato, da Rossini a Stravinski­j, quel sesto senso teatrale che a Tutino riconoscon­o anche i detrattori, complice un libretto, di Luca Rossi e Fabio Ceresa, oggettivam­ente ben formulato.

Gli interpreti inoltre — i protagonis­ti vocali sono Alessandro Luongo, Valentina Mastrangel­o e Martina Belli — fanno la loro parte con disinvoltu­ra, diretti con mano sicura dal giovane Francesco Cilluffo, mentre la regia di Rosetta Cucchi valorizza quella Napoli ormai leggendari­a senza indulgere nella tentazione di cinematogr­afare il teatro.

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Il caffè Valentina Mastrangel­o e Martina Belli

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