Bach riapre ai russi le porte del Cio
«Negativi i test antidoping di Pyeongchang», ma è subito bufera
Si era dovuta presentare in Corea senza bandiera e senza inno, pur potendo schierare 160 atleti «indipendenti». Durante i Giochi aveva fallito due test antidoping: la bobbista Sergeeva, l’asso del curling Krushelnitckii. Resta fortemente indiziata di aver messo in atto il più grande piano di dopaggio della storia dello sport. Eppure la Russia è tornata a far parte a pieno titolo del movimento olimpico internazionale. L’ha deciso ieri il Cio, con un comunicato di tre righe: «Abbiamo avuto conferma che gli ultimi risultati del test effettuati a Pyeongchang sono tutti negativi. Per questo motivo la sospensione del comitato olimpico russo è revocata con effetto immediato».
Sulla decisione una valanga di polemiche che aprono un solco profondo tra il Cio e tutte le altre autorità sportive. A Mosca restano infatti sospesi a tempo indeterminato dall’agenzia mondiale antidoping (Wada) sia l’agenzia nazionale antidoping che il laboratorio di stato. La Wada ha ricordato che la Russia «continua a non rispettare il Codice», mentre l’associazione delle agenzie nazionali antidoping ha parlato di scelta «totalmente legata a interessi particolari e situazione che sta precipitando». Alexander Zhukov, presidente del comitato russo, ha invece difeso una decisione «di capitale importanza che ripristina finalmente uno stato di diritto». La decisione del Cio è arrivata poco dopo il bonifico di 15 milioni di dollari con cui i russi hanno saldato la sanzione monetaria imposta per le violazioni al regolamento.