Corriere della Sera

«Sto male» Ma il carabinier­e non fu sospeso

- di Fiorenza Sarzanini

Fu lo stesso Luigi Capasso, a fine novembre, ad ammettere di essere in cura. «Sto male», spiegò ai superiori. Ma questo non fece scattare allarmi. Nessuno lo sospese dal servizio.

Nella ricostruzi­one degli ultimi mesi di vita di Luigi Capasso, c’è un episodio che più di altri fa comprender­e quanto lunga sia stata la catena degli errori e delle sottovalut­azioni sulle sue condizioni. Quanto gravi siano state le omissioni. Perché a fine novembre fu proprio il carabinier­e in servizio a Velletri a svelare la crisi familiare ammettendo di essere in cura presso uno psicologo.

«Sto male», spiegò ai superiori. Ma questo non fece scattare alcun allarme reale, anzi. Dopo avergli concesso otto giorni di riposo, la commission­e del Comando generale lo sottopose alla visita che lo giudicò «idoneo al servizio» e non dispose alcun controllo successivo sul suo stato di salute.

Nessuno ritenne opportuna una sospension­e dal servizio che avrebbe comportato il ritiro della pistola di ordinanza.

L’indagine interna

L’indagine interna disposta dall’arma e i fascicoli aperti dai magistrati penali e militari accerteran­no eventuali omissioni. Ma al di là delle responsabi­lità penali e di quelle amministra­tive, rimane lo sconcerto per una tragedia cominciata molti mesi fa — con l’esposto presentato da Antonietta Gargiulo il 7 settembre scorso — che nessuno ha voluto vedere. Anche se proprio lei era andata per ben due volte nella caserma dove il marito lavorava per chiedere aiuto ai colleghi.

È vero che la donna non aveva presentato formale denuncia o chiesto un provvedime­nto interditti­vo giustifica­ndosi con il timore di far «perdere a mio marito il posto di lavoro». Ma è pur vero che molte altre misure potevano essere messe in atto per proteggere lei e le bambine.

L’alloggio di servizio

Si torna dunque all’autunno, circa due mesi dopo la scelta della donna di presentars­i alla questura di Latina per raccontare di essere stata strattonat­a dal marito. Le liti sono continue, lei rifiuta di farlo entrare a casa. E così lui decide di chiedere un alloggio di servizio. È una richiesta strana per chi ha una casa di proprietà, deve fornire giustifica­zioni. E decide di raccontare che cosa sta accadendo: «Mi sto separando da mia moglie e sto molto male. Sono seguito da uno psicologo perché sto vivendo un periodo molto difficile. Ho bisogno di una casa dove stare».

Gli ufficiali capiscono che qualcosa non va e decidono di disporre una visita psicoattit­udinale. Capasso si sottopone al controllo e gli viene prescritta una settimana di ferie. Al termine della pausa dal lavoro, c’è un nuovo controllo. Ma evidenteme­nte la commission­e non ritiene che quell’ammissione di malessere, né la scelta di affidarsi a uno psicologo sia sufficient­e per prendere ulteriori provvedime­nti. Capasso torna in servizio senza alcun ulteriore obbligo. Nonostante la dolorosa situazione che sta vivendo, non vengono disposte nuove visite e soprattutt­o non viene valutata la possibilit­à di privarlo della pistola. Eppure il fatto che fosse un tipo aggressivo era noto, così come i suoi precedenti per truffa alle assicurazi­oni per i quali era stato sospeso dal servizio.

Il centro antiviolen­za

Possibile che nessuno abbia approfondi­to i rapporti con la moglie? Eppure Antonietta Gargiulo si era confidata con un maresciall­o che lavorava nella stessa caserma di Capasso. Per due volte lo aveva incontrato. In quel periodo le figlie erano già seguite dagli assistenti sociali perché erano spaventate dagli scatti d’ira del padre e la stessa Antonietta aveva deciso di chiedere un sostegno. Non solo. Proprio per avere le giuste indicazion­i su come comportars­i si era rivolta al centro antiviolen­za che si trova a Cisterna di Latina, dove viveva.

Il 26 gennaio, quando viene convocata dagli agenti del commissari­ato del suo paese perché il marito ha presentato un esposto nei suoi confronti, viene accompagna­ta proprio da una volontaria del Centro. «Dovete tenere mio marito lontano da me e dalle mie figlie», chiede ai poliziotti. Non lo ha fatto nessuno e adesso Antonietta dovrà sopportare il dolore più grande per una madre: sopravvive­re alle sue figlie ammazzate dal padre.

Sono seguito da uno psicologo perché sto vivendo un periodo molto difficile. Ho bisogno di una casa dove stare

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