Renzi: se avrà l’incarico il mio sostegno sarà pieno
E avverte il Pd: no a chi vive questo voto come primarie I paletti di Orfini: il nostro candidato è il segretario
ROMA «Se Gentiloni sarà incaricato dal presidente della Repubblica, avrà il mio più pieno sostegno. Vale per lui o per chiunque altro del Pd». Non è un’investitura in piena regola, ma senz’altro un passo avanti: mai Matteo Renzi era stato così chiaro nell’indicare il nome di Paolo Gentiloni come quello del possibile premier del futuro. Certo, non è dato sapere se quella del segretario del Partito Democratico sia una vera svolta o se, piuttosto, non sia un mossa tattica, visti tutti gli endorsement dei padri nobili del centrosinistra e degli alleati della coalizione all’attuale presidente del Consiglio.
Fatto sta che Renzi non vuole dare ulteriore adito al «giochino del candidato premier» che a suo giudizio serve solo a «indebolire» il Pd e, di conseguenza, a «danneggiare» il suo segretario.
Perciò, al di là delle frasi di rito con cui il leader del Pd accoglie l’ennesima benedizione di Gentiloni, questa volta da parte del suo predecessore a palazzo Chigi Enrico Letta, ieri Renzi si è lasciato sfuggire che cosa pensa veramente degli endorsement per l’attuale premier che continuano a susseguirsi nel centrosinistra: «Abbiamo chi continua ad alimentare il Congresso, ma quelli che continuano a vivere di discussioni interne noi preferiamo lasciarli alle loro occupazioni». E ancora: «Chi continua a vivere queste elezioni politiche come se fossero delle primarie rischia di svegliarsi lunedì mattina con un governo estremista composto da grillini e 5 stelle».
Già, il segretario del Pd è stufo di questo rincorrersi di distinguo e di questo «tentativo che non andrà da nessuna parte» di dividerlo da Gentiloni: «Sono degli incoscienti — si sfoga Renzi con i collaboratori — pensano che tutto si riduca a farsi i dispettucci nel nostro recinto e non capiscono che qui è in gioco la tenuta del Paese». In questo senso, anche se non oserà mai dirlo, Renzi non gradisce nemmeno quello che qualcuno al Nazareno definisce il «giochino di società» di votare Bonino per togliere voti al Pd, nella consapevolezza che, poi, la lista di «+ Europa» capeggiata dalla leader radicale potrebbe rompere l’accordo di coalizione con il Pd. Per questa ragione da ieri Renzi non sfodera più frasi ottimistiche sul Pd potenziale primo gruppo parlamentare. Adesso il segretario si mostra più preoccupato e cauto. Tanto da ammettere: «Il rischio vero è che il Pd non sia il primo gruppo parlamentare e quindi dobbiamo tutti fare uno sforzo perché siano tanti i cittadini che ci votano».
Insomma, ancor più che dai grillini, che «mandano in campo i tecnici per il governo perché non si fidano dei loro esponenti politici, per quanto quei tecnici siano poi di serie C», ieri il leader del Pd sembrava preoccupato dalle possibili manovre interne del dopo voto. Lo si è capito dalle esternazioni di Matteo Orfini, che di Renzi è uno dei più fedeli alleati. Il presidente del Partito democratico, dopo aver puntualizzato che «se avremo la forza di guidare il governo il candidato è il segretario», ha spiegato che in caso di mancata maggioranza si può pensare a «una proroga» di Gentiloni: «C’è un governo in carica che per noi può continuare a lavorare per una nuova legge elettorale». Per il resto, niente spazio per giochini o tentativi di ribaltone interno: «Se usciremo battuti dal voto andremo all’opposizione», «ricordandoci tutti che il Pd non è mio, di Prodi, di Veltroni ma degli elettori».
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quaranta giorni il governo deve presentare il Def. Va seguita la strada intrapresa
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La cosa di cui sono più fiero? Aver mostrato all’europa il modo per fermare i flussi migratori incontrollati
d Con tutte le differenze tra me e Matteo abbiamo dimostrato di saper gestire i nostri rapporti