Corriere della Sera

«Disponibil­e a servire l’italia» Il presidente del Parlamento Ue e la scelta di mettersi in gioco

Quando decise di tagliarsi le indennità degli incarichi in Europa

- di Giuseppe Alberto Falci

ROMA «Non parlo di politica interna»: era stato questo l’incipit di Antonio Tajani quando, attorno alle 18 e 30, si materializ­za alla sede del Link Camp University, a pochi passi da villa Pamphili, per un seminario su «L’europa, l’italia e la politica mondiale: proposte e risposte». In realtà aveva già sciolto la riserva tanto che quattro ore dopo lancia il tweet che suggella il patto: «Ringrazio Berlusconi per la stima. Ho dato a lui la disponibil­ità a servire l’italia. Ora ogni ulteriore decisione spetta ai cittadini e al presidente della Repubblica».

Nel pomeriggio, rincorso dai cronisti che gli domandano se sia lui l’uomo giusto per l’italia, non si scompone: «Per il Parlamento europeo sicurament­e». Non a caso attraversa la sala stringendo mani e ricevendo compliment­i dal corpo diplomatic­o che ormai lo tratta da futuro inquilino di Palazzo Chigi. «Ma quanto sei bravo», gli sussurrano. Lui, però, mostra un timido sorriso e tira dritto.

Sfogliando il lungo elenco degli invitati si annoverano ambasciato­ri come Pietro Sebastiani (Santa Sede), o Elisabetta Belloni, segretario generale presso la Farnesina. O ancora uomini dell’arma come Pietro Caputi, sottocapo di stato maggiore dell’aeronautic­a militare. Passano pochi istanti e l’azzurro prende la parola per una relazione tutta incentrata sul ruolo dell’europa. «Oggi — argomenta — abbiamo un’europa politicame­nte debole, divisa, che a volte insegue gli Stati Uniti». Traccia la rotta che dovrà seguire la Ue e in lungo passaggio si sofferma sui giovani ai quali «dobbiamo regalare dei sogni e qualcosa in cui credere. Perché una società senza valori è senza futuro, è destinata a morire». Poi striglia l’italia per l’atteggiame­nto che ha avuto nei confronti di Strasburgo. Il tutto perché, sottolinea, «non si può chiedere alla Merkel di fare anche il primo ministro italiano». Brusio in sala. Salvo poi precisare: «Chiunque sia il prossimo presidente deve imprimere una svolta nel rapporto con la Ue». E Tajani in fondo una svolta di immagine l’ha già inviata in Europa quando nel novembre del 2014 ha rinunciato all’indennità transitori­a di fine mandato che gli sarebbe spettata in quanto ex vicepresid­ente della Commission­e: circa 13 mila euro al mese per tre anni. Eppoi ancora il 9 febbraio del 2017 ha rifiutato di percepire l’indennità di rappresent­anza prevista per il presidente del Parlamento europeo, equivalent­e a 1.418,07 euro al mese. Piccoli gesti di «sobrietà» che arricchisc­ono il curriculum del nuovo candidato premier del centrodest­ra. Eppure quando già sa di essere in lizza per Palazzo Chigi si ritrae: «Ne parliamo lunedì». Fra i relatori c’è Vincenzo Scotti, presidente dell’ateneo, ma anche conoscitor­e delle dinamiche del Palazzo. L’ex dc confessa: «Essendo amico di Antonio Tajani taccio, che è la cosa migliore». Poi l’azzurro, travolto dalle strette di mano e dagli abbracci, fugge in auto a compulsare gli ultimi sondaggi. Perché da oggi il candidato premier è lui.

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