Corriere della Sera

La squadra dei «ministri» Ma su Giuliano è già polemica: disse sì alla Buona scuola

Agli Interni Giannetaki­s: firmò a favore del referendum 2016

- di Alessandro Trocino

La scenografi­a è perfetta, il Salone delle Fontane dell’eur sontuoso e imperiale. I display raccontano di un Movimento che quasi si dissolve nella sua nuova missione, con la sparizione del simbolo e la grande scritta «Italia - La squadra di governo 20182023», che domina due bandiere italiane. Sembra già tutto fatto, le elezioni vinte, il governo composto, il Paese conquistat­o. Di tanto in tanto, Davide Casaleggio sbuca dal retro palco e dà un’occhiata ammirata a Luigi Di Maio, che introduce, finalmente al completo, la sua squadra di 17 ministri, tutti presenti sul palco. Ma ogni giorno ha la sua pena e così a rovinare la festa e l’armonia arrivano subito nuove polemiche. Mercoledì è stato il momento di Lorenzo Fioramonti, scivolato su un vecchio articolo nel quale sosteneva il boicottagg­io di Israele. Ieri è stato il turno di Salvatore Giuliano («Ho questo nome, ma sono un bravo ragazzo»), indicato all’istruzione, che la mattina in tv dice che la riforma della «Buona scuola non va abolita», poi nel pomeriggio si smentisce, dicendo che «è disastrosa e va buttata».

La cerimonia, con tanto di musica da film a sottolinea­re i nomi, porta in primo piano un trio di donne in ruoli chiave (anche per ridurre lo squilibrio: solo 5 donne su 18). Tutte e tre sono docenti o ex docenti della Link Campus, l’università di Malta fondata (ironie della storia) dall’ex dc Vincenzo Scotti. Al ministero degli Esteri va (andrebbe) Emanuela Del Re, docente anche all’università telematica Unicusano; all’interno, ecco Paola Giannetaki­s, docente di Criminolog­ia; alla Difesa Elisabetta Trenta, esperta in Difesa e Sicurezza, che ha partecipat­o a diverse missioni in Libano e Iraq per conto del ministero degli Esteri.

La squadra è composita, ma ci sono alcuni punti in comune. Un governo di tecnici, anche se a Di Maio non piace la parola. Moltissimi docenti universita­ri, alcuni collegati tra loro. Come le tre donne del Link Campus, ma anche il trio dei «keynesiani eretici», che hanno spesso lavorato insieme: Andrea Roventini (Economia), Lorenzo Fioramonti (Sviluppo economico) e Pasquale Tridico (Lavoro). Tutti con una linea economica decisament­e di sinistra, per un’economia interventi­sta, sostenibil­e e inclusiva. Alla Salute c’è l’oncologo Armando Bartolazzi («un uomo del fare», dice Di Maio). Alla Cultura un manager, il direttore della Naba (Accademia di Belle Arti di Milano) Alberto Bonisoli.

Quasi tutti i «ministri» (tranne sei) sono pescati dai candidati all’uninominal­e: segno che i rifiuti delle «personalit­à esterne» sono stati molti. E sorprende che alcuni abbiano collaborat­o nel recente passato con governi di centrosini­stra e che dicano cose molto lontane dal programma più duro e puro dei 5 Stelle. È il caso di Alessandra Pesce (Politiche agricole) che pensa bene di partire elogiando l’odiato (dai 5 Stelle) ministro Maurizio Martina. Della Giannetaki­s che firmò (ma ora dice a sua insaputa) per il Sì al referendum pd. Di Alessandra Trenta, che assicura una «continuità» con il libro bianco del ministro dem Roberta Pinotti. E di Salvatore Giuliano che inciampa in una difesa della «Buona scuola» e in una correzione successiva: «In tv sono stato troppo morbido». Ma Giuliano inciampa pure su Renzi. Il segretario dem dice che Giuliano «è un amico che ci ha aiutato a scrivere la Buona scuola». Lui smentisce: «L’ho visto due mezze volte, mai scritta una parola». Ma Renzi pubblica un video in cui Giuliano lo incita ad andare avanti perché «stiamo facendo una rivoluzion­e dal basso» e «la scuola è con lei». L’ex premier parla di «campionato nazionale di dilettanti contro la Serie A», di Maio di «critiche ridicole».

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