Corriere della Sera

FERROVIE FRANCESI, SE MACRON PRENDE IL RAPIDO DELLE RIFORME

- di Massimo Nava

Isindacati sono sul piede di guerra, ma Emmanuel Macron è deciso a imporre la più simbolica delle riforme, su cui si sono bruciate ambizioni presidenzi­ali e promesse elettorali negli ultimi vent’anni, al prezzo (inutile) di paralisi del Paese e di migliaia di ore di sciopero. Si tratta della riforma dello statuto speciale dei 130 mila ferrovieri che dovrebbe accompagna­re anche una vasta riorganizz­azione della rete e l’apertura alla concorrenz­a. Naturalmen­te — siamo in Francia ! — mantenendo il controllo pubblico. Molte le misure sul tavolo, con l’intento di mettere fine a privilegi anacronist­ici del personale (anche in rapporto al resto del settore pubblico), di ridurre il debito (45 miliardi) e di assicurare maggiore efficienza. Basti dire di 265 stazioni in cui transitano meno di mille passeggeri all’anno, del 21mo posto in Europa in quanto a puntualità dei treni regionali, dell’invecchiam­ento della rete, 30 anni in media, contro i 17 in Germania. Benché i francesi siano orgogliosi di un servizio un tempo all’avanguardi­a e molto invidiato all’estero, il cambiament­o non è più rinviabile. Macron e il suo governo sono pronti a discutere, ma utilizzera­nno molto probabilme­nte l’arma dei decreti per concretizz­are la fine di un’epoca e compiere un altro passo sulla strada delle riforme struttural­i intrapresa a passo di carica: o di tgv, per restare in tema. La grande maggioranz­a di cui dispone il presidente e il consenso di parte dell’opinione pubblica sono una garanzia di riuscita e al tempo stesso la più banale delle verità in politica. Stabilità del governo e numeri in parlamento : ciò che in Francia è una formula in molti Paesi democratic­i e europei — Germania compresa — sta diventando l’araba fenice.

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