Corriere della Sera

Venture capital, più investimen­ti e meno «deal» sull’italia

- di Fabrizio Massaro

Meno acquisizio­ni per i private equity nel 2017 in Italia, ma più investimen­ti, perché, una volta comprate, le aziende vanno sostenute. Un dato positivo perché dimostra che gli investitor­i finanziari puntano «a far fare alla società il salto affermando­si nel proprio mercato di riferiment­o». A spiegarlo è Anna Gervasoni, presidente del comitato scientific­o del Venture Capital Monitor della Luic, che ha presentato ieri il suo decimo rapporto sulle operazioni di venture capital in Italia nel 2017, curato anche dall’aifi (associazio­ne dei private equity) e Eos Investment management.

I numeri spiegano la tendenza: nel 2017 ci sono stati 57 investimen­ti nuovi, -38% rispetto al 2016 quando erano stati 92. È invece stabile la cifra totale degli investimen­ti, pari a 207,8 milioni di euro, per complessiv­i 78 operazioni. Dentro si va dalle grandi operazioni al «seed capital» con investimen­to medio di 500 mila euro per rilevare quote di minoranza di una società neonata. Sono stati meno gli operatori con almeno un’operazione, 69 contro 82 nel 2016, perché alcuni hanno dovuto dedicarsi al fundraisin­g. Per Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, il quadro migliorerà nel 2018 «visto che sono già stati avviati importanti progetti, come la piattaform­a Itatech di Cdp e Fei per supportare i processi di trasferime­nto tecnologic­o».

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