Idea Abatantuono «Bacerei Gattuso»
«Un bilancio in cinese chi può analizzarlo?...»
«Neve e derby, sembra la vigilia di Natale, una cosa da tanti anni fa quando il freddo era consueto, tutte le mattine a grattare il ghiaccio dai vetri dell’auto di mio padre con addosso il solito cappottino. A Roma qualche giorno fa ho visto gente vestita come sul K2 mentre prendevo il sole sul terrazzo».
Diego Abatantuono passa da Milano per presentare «Può baciare lo sposo», film di Alessandro Genovesi, un invito a ridere, sorridere e riflettere sui temi dell’omosessualità e dell’integrazione. Aspetta Milan-inter, spera e immagina: «Di baciare Gattuso, per esempio. Di fare bene. Siamo cresciuti, non certo al livello dell’inter, intendiamoci».
Ecco, Gattuso. E Spalletti. Diversi, lontani. Invece, vicinissimi. Sorpreso?
«Da Rino certamente. È che nessuno poteva valutarlo come allenatore. Sfrutta ciò che l’ha segnalato come giocatore, volontà e carattere a sostegno di una tecnica non eccelsa. Un uomo che insegna i movimenti a suoi ragazzi. Spalletti è bravissimo. Solo che la tifoseria Inter mi pare ipertesa. Non vincevano, sono arrivati in testa alla classifica, hanno perso un colpo: tutti a dare addosso a tutti. Del resto licenziarono Simoni mentre riceveva la Panchina d’oro».
d Quando andò via Montella nessuno disse ba Le cose non andavano. Con Rino sono tirati a lucido L’allenatore conta eccome, pensate a Sarri
Ma un allenatore, sino a che punto c’entra con il destino di una squadra?
«Quando andò via Montella, nessuno disse ba. Le cose non andavano. Con Gattuso sembrano tutti tirati a lucido. L’allenatore conta eccome. Basti pensare a Sarri. Il Napoli ha più venduto che comprato, eppure funziona sempre».
Cutrone dopo Donnarumma. Non è un po’ presto per trattare un giovane come un leader?
«Dipende dai soldi che prede e dalle ambizioni che coltiva. Oggi a vent’anni sei un uomo fatto. Gattuso, con Cutrone, sembra abbia trovato un modo per lanciarlo proteggendolo».
A proposito di soldi, il Milan, quando gioca, è in piena luce. Per il resto, molte ombre. Cinesi.
«Provi lei ad analizzare un bilancio in cinese... Una volta avevamo grandi famiglie di imprenditori che regalavano il pallone alle città. Adesso è business e quando si tratta di business, nel calcio le cose si complicano».
Il suo ultrà è rimasto un’icona. Ma urlare «viulenza» oggi che senso avrebbe?
«Nessuno. Allora era un modo per ironizzare un tifo basato sulla presa in giro dell’altro. Adesso la violenza è una consuetudine da stadio».
Tre nomi da suggerire al commissario Malagò?
«Albertini, Costacurta, Tommasi, mi sembrano colti e per bene. Comunque, migliorare dopo Tavecchio non mi pare una impresa titanica».
Napoli o Juve?
«Napoli. Credo la pensino come me quasi tutti, compresi alcuni juventini».