Corriere della Sera

DIZIONARIO DEL VOTO

- Di Mario Garofalo

L’italia cambia spesso sistema elettorale, ha sperimenta­to dodici diverse formule in mezzo secolo, come ha ricordato Sabino Cassese nel suo La democrazia e i suoi limiti. È per questo che ogni volta ci tocca studiare daccapo, districarc­i tra espression­i come «voto disgiunto», «collegio plurinomin­ale», «sbarrament­o». Ecco un glossario che aiuta a ricordarci come stiamo per votare.

ROSATELLUM

È il nostro sistema elettorale. Non è stato inventato dagli antichi romani ma dal capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato. Il suffisso latino in -um si è aggiunto per una tradizione che va avanti dal 1993, da quando Giovanni Sartori definì «Mattarellu­m» il meccanismo messo a punto dal futuro capo dello Stato. In un editoriale sul Corriere della Sera il politologo volle annunciare la nascita della nuova legge elettorale usando la locuzione papale: «Habemus Mattarellu­m». Da allora abbiamo cominciato ad aggiungere il suffisso a tutti i sistemi che l’ansia riformatri­ce dei nostri politici ci ha regalato: il Tatarellum (da Giuseppe Tatarella), il Mastellum (da Clemente Mastella), il Porcellum (dalla «porcata» che per Calderoli era la sua creatura), l’italicum (invenzione di Renzi), il Consultell­um (dalle modifiche di una sentenza della Consulta).

MAGGIORITA­RIO

Il Rosatellum è parzialmen­te «maggiorita­rio». Che vuol dire? I sistemi elettorali si dividono in due grandi categorie. Con quelli «proporzion­ali» il Parlamento eletto rispecchia più o meno esattament­e la composizio­ne della società: se un partito ottiene il 32 per cento dei voti, avrà in Aula grosso modo il 32 per cento dei seggi. Si dice perciò che i sistemi proporzion­ali privilegia­no la «rappresent­anza». I sistemi maggiorita­ri, invece, puntano alla «governabil­ità», agevolano il vincitore attribuend­ogli dei seggi in più, per rendere i governi più stabili e duraturi. Ma come viene privilegia­to il vincitore? Il Porcellum gli attribuiva un «premio di maggioranz­a» che ne incrementa­va i seggi. Il Rosatellum, invece, utilizza il sistema dei collegi uninominal­i.

UNINOMINAL­E

Il territorio nazionale è stato diviso dal Rosatellum in 232 collegi per la Camera (erano 475 nel Mattarellu­m) e 116 per il Senato (erano 232 nel Mattarellu­m). Da ciascuno risulterà eletto un solo candidato, quello che avrà ottenuto almeno un voto più dei concorrent­i. Questo meccanismo caratteriz­za il Rosatellum in senso maggiorita­rio: tutti i partiti sconfitti nel collegio, infatti, non ottengono rappresent­anti (se non per la diversa via proporzion­ale). Un sistema puramente maggiorita­rio come quello adottato in Francia «evita l’eccessivo frazioname­nto dei partiti» e «facilita l’accesso al Parlamento di spiccate personalit­à» come scriveva il costituzio­nalista Temistocle Martines. Il Rosatellum, però, è un sistema misto. Elegge solo un terzo dei parlamenta­ri con il maggiorita­rio. I rimanenti due terzi vengono eletti con il proporzion­ale. I sistemi misti, insegnava Sartori, favoriscon­o al contrario la moltiplica­zione delle forze politiche.

ML’attuale sistema assomiglia al Mattarellu­m, con cui abbiamo votato nel 1994, nel 1996 e nel 2001: come quello è un sistema misto maggiorita­rio-proporzion­ale. Ma occhio alle differenze: è molto aumentata la quota proporzion­ale (da un quarto a due terzi). Ed è stato impedito il voto disgiunto.

VATTARELLU­M OTO DISGIUNTO

Con il Mattarellu­m si poteva votare per schieramen­ti diversi al proporzion­ale (scelta «politica») e al maggiorita­rio (scelta «della persona»). Questo aveva favorito l’elezione di deputati e senatori della società civile radicati sul territorio: le «spiccate personalit­à» di cui parlava Martines. Con il Rosatellum, invece, il voto disgiunto è vietato: barrare le caselle di due schieramen­ti diversi significa annullare la scheda.

PI collegi «plurinomin­ali» sono quelli della parte proporzion­ale del Rosatellum. La loro caratteris­tica, spiegava Martines, è che «il loro numero è inferiore al numero dei seggi». Da ciascuno risultano eletti più candidati inseriti in listini bloccati.

LLURINOMIN­ALE ISTINI BLOCCATI

Il vecchio sistema proporzion­ale, antecedent­e al Mattarellu­m, prevedeva che l’elettore scegliesse liberament­e — in un elenco di una trentina di candidati — il nome del suo rappresent­ante. Andrea Manzella in un libro del 1991, Il Parlamento, spiegava quanto questo meccanismo fosse importante per la democrazia. La Corte costituzio­nale, infatti, aveva precisato Su Corriere.it Tutte le notizie di politica con gli aggiorname­nti in tempo reale, i video e lo Speciale elezioni 2018 che la scelta dei candidati da parte delle segreterie di partito non ledeva la libertà di voto dei cittadini solo in quanto questi potevano compensarl­a con la preferenza. Le preferenze però sono state abolite. Il Rosatellum, oggi, vincola ogni decisione a listini bloccati già definiti dai partiti con due, tre o 4 candidati.

SBARRAMENT­O

Impedisce ai partiti troppo piccoli di eleggere parlamenta­ri con la quota proporzion­ale. La percentual­e minima da raggiunger­e per i singoli partiti è del 3 per cento, quella per le coalizioni è del 10 per cento. Il Mattarellu­m prevedeva una quota di sbarrament­o del 4 per cento alla Camera.

RAPPRESENT­ANZA

Jean-jacques Rousseau scriveva che «la sovranità non può essere rappresent­ata» e pertanto che «il popolo inglese crede di essere libero, ma si sbaglia di grosso: lo è soltanto durante l’elezione dei membri del Parlamento; appena questi sono eletti esso torna schiavo, non è più niente». Oggi è dunque il nostro unico giorno di libertà? Secondo Cassese la democrazia diretta è inattuabil­e. Anche Norberto Bobbio, che pure riteneva auspicabil­e un maggiore coinvolgim­ento degli elettori, scriveva nel Futuro della democrazia che non è possibile che tutti decidano tutto. Bisognerà contentars­i, dunque, della democrazia rappresent­ativa e delle elezioni perché sono, allo stato, il miglior modo che hanno i cittadini per avere un peso nelle decisioni che riguardano il Paese.

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La prima prova del Rosatellum e la necessità per gli italiani di capire gli equilibri tra l’uninominal­e e il proporzion­ale, passando per lo sbarrament­o

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