Corriere della Sera

Dal rap a Weinstein Le strategie del legale che salvò pure DSK

Brafman: c’è chi vuole far carriera con il sesso

- Di Giuseppe Sarcina

Ambizioso e disinvolto. Si fa strada raccoglien­do i clienti evitati da tutti gli altri. Ma è tutt’altro che un avvocato delle cause perse. Entra per un breve periodo nel collegio difensivo di Michael Jackson, accusato di abusi sessuali su minori. Ma l’anno chiave è il 1999, quando riesce a fare assolvere Sean «P. Diddy Combs». Il cantante e musicista rap aveva scatenato una rissa in un nightclub, insieme con la sua fidanzata del momento, Jennifer Lopez.

Combs viene imputato per corruzione e possesso illegale di armi. In udienza l’accusa schiera oltre cento testimoni. Brafman li smonta uno a uno. Le sue quotazioni raggiungon­o il massimo. Rappresent­a in giudizio Plaxico Burress, star del football e, nel 2011, l’ex direttore del Fmi, Dominique Strauss-kahn. Il politico francese finisce nei guai per aver molestato una cameriera nello Sheraton Hotel in piena Manhattan. Viene arrestato, mentre è già sull’aereo. Sembra un caso segnato. E invece, il «piccolo» Benjamin convince il procurator­e di New York, Cyrus Vance a far cadere l’imputazion­e. Abuso di potere, senso dell’impunità: sono le stesse chiavi della vicenda Weinstein. È l’incarico forse più difficile anche per la toga più esperta. Qui non si processa solo «un» predatore sessuale, accusato da decine di donne, ma un’idea, un codice culturale di prevaricaz­ioni, di ricatti. Il tentativo di Brafman è proprio quello di spezzare questo meccanismo: «Il divano del produttore a Hollywood non è certo un’invenzione di Weinstein». Ma questa volta sembra davvero «Fort Alamo».

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Ben Brafman e i suoi clienti: Dominique Strauss-kahn, Harvey Weinstein, P. Diddy Combs
Difesa Ben Brafman e i suoi clienti: Dominique Strauss-kahn, Harvey Weinstein, P. Diddy Combs

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