Corriere della Sera

Dal merito all’autonomia, ecco cosa servirebbe alla scuola

- Attilio Oliva Presidente Associazio­ne Treellle

L’ esperienza ha insegnato ai politici che è meglio stare alla larga dalle riforme scolastich­e: portano molta conflittua­lità e nessun beneficio sul breve termine. Si è visto con la legge Renzi-giannini che non ha portato fortuna a chi si era avventurat­o sul terreno di innovazion­i pur consolidat­e in molti Paesi avanzati: il rafforzame­nto dell’inglese e della cultura digitale; un fondo nazionale di 200 milioni da distribuir­e fra i docenti più apprezzati e la possibilit­à di chiamata diretta degli insegnanti da parte dei presidi; l’obbligo della formazione in servizio per gli insegnanti; l’estensione del Sistema nazionale di valutazion­e anche alle scuole paritarie.

Purtroppo, è stato da poco siglato un nuovo contratto di lavoro del personale scolastico che è una vera controrifo­rma, definita dal segretario del maggior sindacato di categoria come finalizzat­a alla demolizion­e della legge.

Il messaggio è chiaro: il governo di oltre un milione di addetti della scuola appartiene al sindacato e non alle leggi che sono già state votate dal Parlamento. Nel frattempo, per l’ocse i risultati della scuola italiana continuano a galleggiar­e sotto la media Ue.

E quali sono i programmi per la scuola dei partiti?

Pd: sviluppo dei nuovi Istituti tecnici superiori; piano da 100 milioni per gli asili nido; più tempo pieno nelle scuole primarie del Sud; fondo per la Povertà educativa permanente (300 milioni); valorizzaz­ione del merito degli insegnanti (ma il contratto appena siglato prevede la riduzione di un terzo del fondo attuale); un «esercito di maestre e di maestri» per le zone a forte dispersion­e scolastica.

Centrodest­ra: più risorse alle famiglie che vogliono scegliere senza aggravi le scuole paritarie; meritocraz­ia per gli insegnanti; chiamata diretta da parte delle scuole; permanenza triennale dei neoassunti nelle province.

M5S: alzare la spesa pubblica per l’istruzione del 25%; azzerare i finanziame­nti alle scuole paritarie (salvo asili nido e scuole dell’infanzia); abolire le leggi Gelmini e Renzi-giannini; per gli insegnanti no alla chiamata diretta e al bonus di merito; no all’alternanza scuola lavoro; équipe formative territoria­li di supporto alle scuole; lingua inglese nelle scuole dell’infanzia.

Per Treellle, un thinktank di esperti nazionali e internazio­nali, i punti chiave per un salto qualitativ­o della nostra scuola sono abbastanza diversi:

a) la scuola oggi non può più solo «istruire» (insegnare discipline), ma deve anche «educare» a una cittadinan­za attiva e responsabi­le. È allora impellente un tempo pieno scolastico fino ai 16 anni di età;

b) ripensare la formazione universita­ria e i metodi di reclutamen­to per gli insegnanti.

c) riconoscer­e il merito: gli insegnanti non sono tutti uguali e il preside deve potere premiare i più apprezzati, che saranno i più adatti a formare i colleghi più giovani e i più deboli.

d) superare un sistema ipercentra­lizzato e dare spazio a nuovi organi di governo delle scuole autonome legittiman­do il potere dei dirigenti;

e) controbila­nciare l’autonomia con un Sistema nazionale di valutazion­e (anche per le scuole paritarie) e un nuovo corpo ispettivo che visiti e valuti le singole scuole e i presidi.

f) rinnovare le metodologi­e didattiche, integrando il metodo trasmissiv­o (lezioni) con modalità e «attività» interattiv­e tra docenti e studenti. Per Einstein «tener viva la creatività è perfino più importante di troppe conoscenze».

Ma chi tocca la scuola muore. Almeno in Italia.

Politica e riforme

Le difficoltà dei partiti ad affrontare le riforme che portano conflitti e non benefici immediati

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