Corriere della Sera

La tentazione delle telecamere anti-violenza sui bambini

- Di Virginia Piccolillo

Anche nell’ultimo caso di Pordenone era un asilo-nido. Bimbi da sei mesi ai sei anni. Ma violenze, urla, maltrattam­enti erano continui e umilianti: a volte gli schiaffi sulla nuca facevano sbattere ai bambini la faccia sul banco, a volte i piccoli venivano trascinati fuori al freddo invernale. Anche stavolta per scoprirlo si sono dovute aspettare le immagini delle telecamere dei carabinier­i, avvertiti dalle mamme che dubitavano dello slogan della scuola: la «formula vincente verte su cortesia, profession­alità disponibil­ità e familiarit­à». Comunque vada per le 4 maestre e la bidella indagate, troppo tardi. Allora? Che fare per evitare che accada di nuovo? La tentazione è di piazzare quelle telecamere prima che arrivino le percosse. Riprendere ciò che accade in classe, come si fa con le banche. Ma ci sono i costi che graverebbe­ro sulle scuole. C’è il problema della privacy, che una proposta di legge ha tentato di superare proponendo di conservare solo per un periodo le immagini e usarle solo su richiesta del magistrato. E c’è lo statuto dei lavoratori che tutela il dipendente dal controllo a distanza, a meno di un accordo con i sindacati, previsto dal Jobs act. E, come dice Pino Turi, responsabi­le scuola della Uil, «la scuola alle telecamere dice no. Non si può, per questi casi patologici, trasformar­e le aule in carceri».

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Il video Le riprese dei carabinier­i

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