Corriere della Sera

Il buco delle banche venete pesa sui conti della pasta Zara

Il produttore di Treviso fattura 240 milioni, esporta l’80%

- Di Mario Gerevini

Colpa di quelle maledette azioni della Popolare Vicenza e Veneto Banca. Ma non solo. Pasta Zara, grande esportator­e di pasta italiana e secondo produttore dopo Barilla, sta cercando di risolvere una grave sofferenza finanziari­a.

Con le banche sono in corso negoziati (advisor Deloitte) per un risanament­o. Oggi di fatto i rapporti bancari sono congelati (standstill) almeno — secondo alcune fonti — fino al 31 marzo. Per i contributi previdenzi­ali non versati nel 2017 sarà chiesta una rateizzazi­one. Situazione critica ma risolvibil­e perché l’azienda di Treviso è solida e competitiv­a sotto il profilo industrial­e, produce negli stabilimen­ti italiani, fattura 240 milioni (dato 2016 contro 285 del 2015) per l’80% all’estero, soprattutt­o nell’area Ue, tanto che il 13% della pasta italiana presente nel mondo è prodotta da pasta Zara. I margini e i flussi che genera la gestione industrial­e sono però insufficie­nti a far fronte a un debito ben superiore ai 200 milioni. La famiglia Bragagnolo controlla il gruppo fin dal 1898. La loro holding, Ffauf sa, è in Lussemburg­o. Ma un 25% del capitale è in mano pubblica, diviso tra la nazionale Simest (Sace-cdp) e la regionale Friulia. I Bragagnolo si erano impegnati a ricomprare le Furio Bragagnolo è alla guida di pasta Zara. La famiglia controlla il gruppo sin dal 1898 quote entro il 2017 riconoscen­do, tra l’altro, interessi tra il 6 e l’8%. Tutto bloccato, per ora.

La situazione adesso qual è? Le ultime notizie arrivano dal consiglio di amministra­zione che il 26 febbraio ha approvato una situazione patrimonia­le al 20 dicembre 2017 da cui emerge una perdita di 25,7 milioni che ha ridotto a 77,3 milioni il patrimonio netto. Circa un terzo della perdita è dovuto alla svalutazio­ne delle azioni Popolare di Vicenza e Veneto Banca che pasta Zara aveva in portafogli­o e che, sostengono loro nei documenti societari, «erano stati costretti ad acquistare in corrispond­enza di alcuni finanziame­nti di maggior importo». Per questo erano state avviate azioni legali.

Dunque il “buco” delle venete ha reso ancor più difficile una posizione finanziari­a già squilibrat­a.

La cassaforte lussemburg­hese dei Bragagnolo, quella che incassa i dividendi e i proventi del marchio di cui ha la proprietà, ha rinunciato a una parte dei suoi crediti. Restano però 22 milioni dati in prestito oneroso (euribor 3 mesi +2,75%) a pasta Zara. A questi intrecci guarda chi vorrebbe che la famiglia si impegnasse fino in fondo nel rafforzame­nto patrimonia­le del gruppo.

In attesa di definire una moratoria con le banche, il pastificio trevigiano, che prende il nome dalla città dove negli anni 30 fu aperto un nuovo stabilimen­to, si è visto «mettere in mora» dagli obbligazio­nisti di un minibond quinquenna­le (5 milioni al tasso del 6,5%) emesso nel 2015. Uno dei sottoscrit­tori, la Finint sgr per conto di un suo fondo che ha l’8% dell’emissione, ha ottenuto la convocazio­ne di un’assemblea perché pasta Zara non ha rispettato i parametri patrimonia­li previsti e dunque poteva essere chiesto il rimborso del prestito.

La società a sua volta ha chiesto anche agli obbligazio­nisti il congelamen­to delle loro pretese ottenendo in cambio un’astensione che sembra una mossa da partita a scacchi. Ma lo stallo non è la medicina migliore per un’azienda con 500 dipendenti, che produce solo in Italia ed esporta in tutto il mondo la pasta, simbolo principe del made in Italy. La vicenda

● Pasta Zara, secondo produttore italiano dopo Barilla e grande esportator­e, è in crisi anche a causa del crac di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Nel 2017 ha perso 25,7 milioni, circa un terzo per svalutazio­ni delle azioni dei due istituti che la società sostiene di essere stata costretta a sottoscriv­ere per avere prestiti. In discussion­e ci sono ora i crediti con le banche e con i bondholder

Il bilancio

Al 20 dicembre 2017 emerge una perdita di 25,7 milioni

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