La Var diventa Mondiale, gli arbitri a scuola di italiano
La Fifa promuove la tecnologia in Russia e autorizza la quarta sostituzione nei supplementari
Al Mondiale la Var ci sarà e noi no, ma se nulla d’ora in poi sarà più lo stesso, se cioè il sì compatto di ieri dell’ifab alla proposta di rendere permanente l’utilizzo della videoassistenza traccia un confine netto fra il prima e il dopo nella storia del calcio, gran parte del merito — e della responsabilità — è nostra. Consolazione di certo non sufficiente ad anestetizzare il dolore dell’assenza, ma una cosa è certa: sullo sfondo delle miserie del nostro pallone, dentro e fuori campo, almeno in questo abbiamo avuto, e avremo, un ruolo cruciale. L’ha spiegato bene Massimo Busacca, ieri a Zurigo, poco dopo la chiusura della 132ª assemblea generale dell’ifab che ha deciso anche di autorizzare la quarta sostituzione Svolta
● La Var sarà al Mondiale in Russia, l’ifab ha votato all’unanimità: «Si apre una nuova era per il calcio»
● Dall’ifab sì anche alla 4ª sostituzione ai supplementari. La Fifa ratificherà entrambe le novità il 16 marzo a Bogotà durante i supplementari: «La grande meticolosità, la dedizione, l’impegno mostrato in Italia durante i test hanno aiutato a far accettare la novità» le parole del capo degli arbitri della Fifa. Ora, è stato però il succo del resto del suo discorso, dateci una mano a evitare gli sfondoni: «Abbiamo bisogno degli specialisti e gli italiani dispongono indubbiamente di un’esperienza maggiore rispetto ad altri». Già.
Il piano di quello che negli uffici della Fifa chiamano come un film, the italian job,è questo: 1) spedire in Russia oltre all’arbitro Rocchi ben tre Var italiani da utilizzare il più possibile (Orsato, Valeri, Irrati); 2) rinchiudere tutti e 36 gli arbitri mondiali a Coverciano per una serie di full immersion in modo da professionalizzare anche gambiani ed uzbechi, prossimo seminario «due settimane toste ad aprile»; 3) trasmettere ai novizi suggerimenti «chiari e semplici». I campi di applicazione restano quattro: gol, rigori, espulsioni e scambi di persona. «L’arbitro resterà centrale», ha ribadito Pierluigi Collina, presidente della commissione Fifa e vertice del progetto tecnico che ha come base il tandem nostrano Rizzoli-rosetti e come manifesto lo studio dell’università di Leuven, che dimostra come la percentuale di decisioni corrette degli arbitri sia passata dal 93 al 98,8%. Che è poi il dossier che ha convinto l’ifab.
Per quanto ampiamente previsto, il sì compatto degli otto membri su otto del Board rappresenta la vittoria epocale di Gianni Infantino («Si tratta di un giorno storico per una maggiore giustizia nel calcio» ha commentato il capo della Fifa, la mente della riforma) ma anche allo stesso tempo la chiara sconfitta del suo omologo Uefa, Aleksander Ceferin, che giusto cinque giorni fa ha escluso l’utilizzo in Champions 2018/19 motivando con durezza: «C’è molta confusione, nessuno ancora sa come funziona».
Un cortocircuito istituzionale dietro al quale, più che un’opposizione ideologica, s’intravede una riflessione puramente economica e organizzativa da parte dell’uefa, che ha scelto questo profilo scettico dopo aver fatto due conti su quanto costerebbe attrezzare i campetti dei piccoli club dove si disputano i primi turni preliminari delle coppe. Il senso è: prendiamo tempo e vediamo. Realpolitik camuffata? Probabile. Intanto però il futuro è già arrivato.