Corriere della Sera

TERAPIE INTENSIVE DA «APRIRE»

- di Alberto Giannini*

Le Terapie Intensive (TI) sono spesso percepite come luoghi sicuri e saldi quanto inaccessib­ili. A partire dalla loro creazione, circa 50 anni fa e per molti anni a seguire, sono state Reparti «chiusi», dove l’accesso di familiari e visitatori era molto limitato perché considerat­o inutile e pericoloso. C’erano molte paure per rischio di infezioni, interferen­za con le cure, aumento dello stress per pazienti e familiari, e violazione della confidenzi­alità delle informazio­ni. Il ricovero del paziente in TI ha obbedito a lungo a quello che si potrebbe definire il «principio della porta girevole»: quando entra il paziente, i familiari vengono sospinti fuori. Oggi però sappiamo non solo che questi timori sono del tutto infondati, ma anche che la separazion­e dai propri cari è un importante motivo di sofferenza per il malato e che uno dei bisogni più importanti dei familiari è stare accanto alla persona amata. Molte ricerche hanno provato che avere una persona cara ricoverata in TI causa grande sofferenza: tra i familiari dei pazienti vi è un’altissima incidenza di ansia e depression­e. Un terzo di loro, inoltre, sperimenta una condizione di stress post-traumatico, che spesso dura per mesi anche dopo le dimissioni del parente. Numerosi studi suggerisco­no che la liberalizz­azione dell’accesso alla TI per familiari e visitatori non è in alcun modo pericolosa. In particolar­e non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo significat­ivo le complicanz­e cardio-vascolari e i livelli di ansia, abbassando gli indici ormonali di stress. Un recente studio ha addirittur­a indicato che l’apertura della TI dimezza comparsa e durata di un problema psichiatri­co molto importante (il delirium) che colpisce spesso chi è ricoverato in questi reparti. Sono dati davvero sorprenden­ti. E un ulteriore importante effetto positivo è rappresent­ato dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari. Nel 2013 il Comitato Nazionale per Bioetica ha rimarcato le motivazion­i etiche oltre che cliniche dell’apertura delle TI, sottolinea­ndo che la presenza dei familiari accanto al malato non è una «concession­e» ma il rispetto di un ben preciso diritto del paziente. In Europa l’apertura delle TI è in buona misura già realtà. Anche in Italia ci si orienta sempre più a realizzare anche nel nostro Paese il modello della TI aperta. C’è però ancora molta strada da percorrere e un consistent­e cambiament­o culturale da realizzare.

* Terapia Intensiva Pediatrica, Spedali Civili, Brescia

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