Corriere della Sera

Infezioni gravi che sono sconfitte grazie a un trapianto di feci

- A.BZ

«Magic poop», così la chiamano gli anglosasso­ni. Sembra sconvenien­te tradurre questa parola che identifica quello che sta nel nostro intestino prima di essere espulso. Il trapianto di «poop» (da una persona sana a una malata), però, è ormai diventata una cura efficace, e codificata da linee guida, per il trattament­o di infezioni gravi come quella da Clostridiu­m difficile insensibil­e agli antibiotic­i, ma è anche oggetto di alcune sperimenta­zioni in altre patologie come la colite ulcerosa (una malattia cronica dell’intestino) e il diabete insulino- resiun stente nelle sue fasi precoci. In Italia un centro all’avanguardi­a in questo tipo di sperimenta­zioni è all’università Cattolica, Policlinic­o Gemelli di Roma. E in futuro si potrà pensare di selezionar­e particolar­i specie batteriche utili in determinat­e patologie.

Ma questo tipo di trapianto, (oggi «consolidat­o» secondo la legge 191, che lo assimila a vero proprio trapianto di tessuti) non è la sola via che si sta sperimenta­ndo per modificare il microbioma. Una è quella della dieta, il grande modulatore che serve soprattutt­o nella prevenzion­e, per mantenere in salute il microbiota. L’altra prevede l’uso degli antibiotic­i. Questi farmaci, di norma, servono per uccidere i germi «cattivi» che provocano infezioni, ma ci sono antibiotic­i che possono anche modulare i germi buoni. È il caso della rifaximina, un farmaco frutto della ricerca italiana che avrebbe un effetto eubiotico, tutto da studiare.

Clostridiu­m difficile

Il «killer» delle infezioni ospedalier­e si cura con i germi delle feci di una persona sana

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