Exit poll: balzo di M5S, sale la Lega
Il centrodestra prima coalizione, caduta del Pd. Delusione per Liberi e uguali, Bonino verso quota 3 per cento Nessuna alleanza ha i numeri per governare. Regionali: Fontana vince in Lombardia, Zingaretti avanti nel Lazio
Cinque Stelle il partito che prende più voti, il centrodestra prima coalizione con la Lega che sale. Giù il Pd, male Leu 3,5% . Nelle regionali avanti Fontana in Lombardia e Zingaretti nel Lazio. Così i primi exit poll.
Secondo i rilevamenti fuori dal seggio 5 Stelle sopra il 30%, dem a cavallo del 20, Leu sotto il 6, FI, Lega e FDI tra il 28,5 e il 36
ROMA Le previsioni sul voto degli italiani — in una giornata di polemiche per i ritardi con lunghe code ai seggi in tutta Italia e casi di schede sospese — sono state rispettate solo in parte, perché secondo i primi exit poll il centrodestra si ferma intorno al 35-36,5%, ed è lontano dalla soglia di governabilità del 40% promessa da Berlusconi, con l’aggravante poi di avere il fiato sul collo dei 5 Stelle che sfondano abbondantemente quota 30%: i pentastellati sono il primo partito con una forchetta che li accredita tra il 29,5 e il 32,5%.
In terza posizione si piazza il blocco del centrosinistra che naviga intorno al 25,5-27,5%, con un Pd in calo che si ferma tra il 20,5% e il 23,5%. Chiude la classifica Liberi e uguali che lotta tra la sopravvivenza (3%) e un deludente 5%. Con questi dati, dunque, risulterebbe impossibile costituire una maggioranza politica in Parlamento capace di sostenere un governo. Questo indica il primo exit poll sfornato dal consorzio Opinio/piepoli per la Rai alla chiusura dei seggi. Quando i dati reali evidenziano che il crollo dell’affluenza è stato molto contenuto: i votanti sono stati il 74% al Senato, soltanto un punto in meno rispetto alle Politiche 2013. E 5 punti e mezzo in più rispetto al Referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016.
Intorno alle 23, dunque, la tendenza dichiarata dagli elettori chiamati a rivotare fuori dai seggi campione evidenzia un quadro in cui, seppure la classifica generale dei blocchi è quella prevista, le distanze tra i partiti sono una vera sorpresa. Oltre al boom dei 5 Stelle, c’è da registrare con tutte le cautele del caso il testa a testa tra la Lega e Forza Italia: la forchetta attribuita al partito di Salvini è agli azzurri di Berlusconi è la stessa, 1316%. Se invece il dato dovesse virare a favore della Lega (mezzo punto a favore del Carroccio, per il secondo exit
poll Rai) vorrebbe dire che il centrodestra è ufficialmente a guida Salvini. In ogni caso la Lega quadruplica i voti rispetto al 2013.
È il Mezzogiorno, poi, a tirare la volata ai 5 Stelle che vengono accreditati dagli exit poll Rai tra il 29 e il 33%. Molto di più rispetto alle previsioni. Se l’affermazione del movimento di Davide Casaleggio fosse di questa portata, il balzo in avanti rispetto al 2013 sarebbe enorme: molti voti in più per il M5S, forse anche due milioni di voti rispetto a cinque anni fa quando o il bottino elettorale dei pentastellati fu del 25,5% (8 milioni e 691 mila voti). Il vento che ha spinto verso l’alto le percen-
tuali del M5S arriva dal Sud e questo si è capito subito, raffrontando i dati regionali dell’affluenza con quelli registrati al referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016: Campania (+6,2%), Puglia (+5.4%), Basilicata (+5,2,%), Calabria (+5,1%), Sicilia (+2%). E questa maggiore affluenza al Sud ha fatto salire quel vento di protesta che avrebbe regalato al Movimento di Grillo fosse due milioni di voti in più rispetto alle politiche del 2013. Ma l’italia dei 5 Stelle risulterebbe comunque spaccata, perché al Nord il partito guidato da Luigi Di Maio si a attesterebbe intorno al 20%.
Nel centrosinistra il Pd arretra. I voti diretti per il partito di
Matteo Renzi oscillano tra il 20,5 e il 23,5 con un calo rispetto al 25,4% del 2103 quando il Pd di Pierluigi Bersani ottenne 8 milioni 646 mila voti. Resta da vedere ora se verrà confermato il dato della lista +Europa (2,5-4,5%) che, superando la soglia di sbarramento del 3%, porterebbe in Parlamento anche una decina di candidati dei candidati dei listini proporzionali. Nulla da fare per gli altri due alleati minori del centro sinistra: Insieme e Civica e popolare potrebbero addirittura sprofondare sotto l’1%. E dunque i loro voti non andrebbero spalmati alla coalizione.