Corriere della Sera

Il segretario dem: noi all’opposizion­e

- Di Maria Teresa Meli

ROMA «Se ne esco vivo, va benissimo». La notte delle elezioni Matteo Renzi la butta a ridere mentre riflette sul voto, senza aspettativ­e o troppe illusioni. Nel 2014 aveva ottenuto più del 40 per cento alle elezioni europee. Ora è alla metà della cifra di quel risultato che il Pd si attacca per capire che cosa gli riserverà il futuro. Per capire, in soldoni, se ha perso o se può ancora giocare una partita sul tavolo della politica. E, soprattutt­o, se il segretario del Partito democratic­o può ancora dare le carte, nel Pd, e non solo.

«Avevo chiesto di non arrivare al 2018 — dice ai suoi in questa lunga notte — volevo le elezioni prima, avevo chiesto di non cambiare la legge elettorale... Era chiaro che andare avanti con questa legislatur­a era un modo per legittimar­e la caccia a Renzi...».

Ora per come si è messa la situazione, il leader del Partito democratic­o non ha dubbi: Un governo Leu e Cinque Stelle? «Manco morto», sbotta. E aggiunge una postilla: «Noi andiamo all’opposizion­e e basta». Perché, spiega, «la notizia non è cosa farò io, ma come farà questo Paese ingovernab­ile ad andare avanti».

Dunque Renzi ha già studiato il suo possibile epilogo: «Possono ammazzarmi, o, più probabilme­nte, non faranno niente di tutto ciò e verranno a cercarmi per fare un governo. Sia i Cinque Stelle che il centrodest­ra... Peccato che io abbia deciso di andare all’opposizion­e, poi vediamo che cosa succede», confida in un orecchio ai suoi in questa notte elettorale. E ancora, sempre con i collaborat­ori: «Noi abbiamo già pagato con dieci punti di calo la responsabi­lità di questi mesi. Non pagheremo ancora. Il popolo non ha dato a nessuno la maggioranz­a, vediamo se faranno accordi con qualcuno per averla. Noi non ci stiamo».

Insomma, in queste ore complicate e convulse, Renzi torna a Roma a sorpresa (il ritorno era programmat­o per stamattina) e si consulta con i suoi. Approdato al Nazareno si chiude in una stanza con il vice segretario Maurizio Martina, con il tesoriere Francesco Bonifazi, con Lorenzo Guerini e soprattutt­o il braccio destro e sinistro Luca Lotti.

Il segretario esamina la situazione, dà uno sguardo agli exit poll e un altro ai dati che affluiscon­o dai diversi seggi italiani. Quindi resta fermo sulle sue posizioni: «Il popolo non ha dato ai grillini la maggioranz­a e di certo non saremo noi a fare la stampella», confida il leader ai parlamenta­ri amici lì presenti, che attendono da lui un’indicazion­e.

Però il primato dei 5 Stelle comunque brucia. E, inevitabil­mente, cambia tutti gli scenari disegnati al Nazareno. Il problema riguarda innanzitut­to la percentual­e. Andrea Orlando era pronto a scattare in piedi e a chiedere un congresso straordina­rio con il Pd al 23 per cento. I supporter del Guardasigi­lli spingono ancora in questo senso. Dice Gianni Cuperlo, senza malizia ma con convinzion­e: «Il 22 non si regge, figuriamoc­i se andiamo ancora più giù».

Ma Matteo Renzi ha già chiarito che intorno a quella soglia per lui non cambierà niente. E se sarà il 22 o il 21 per il segretario del Partito democratic­o sarà lo stesso. La minoranza potrà agitarsi, ma i numeri, in direzione come nei gruppi parlamenta­ri, danno ragione al segretario: «Sarà difficile portare tutti all’opposizion­e, ma quella è la linea, senza subordinat­e. No, le subordinat­e non sono proprio previste». Il leader , dunque, ha deciso di approdare a Roma per certificar­e la linea e far capire a tutti che quella è, e quella rimarrà.

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, spiega qualcuno al Nazareno, dovrà farsene una ragione. Già, il Partito democratic­o, osserva un renziano di rango, non asseconder­à nessuna operazione volta a fare del Pd lo strumento per proseguire la legislatur­a, in qualsiasi modo. Il Partito democratic­o del 2018 non è lo stesso Pd che nel 2013 accettò senza discutere la linea del Quirinale: questo è il messaggio che dal Nazareno viene indirizzat­o al Colle.

Il secondo problema riguarda la collocazio­ne del Pd nello scacchiere politico: non sarà facile per il Partito democratic­o fare finta che una nuova forza politica si affaccia sulla scena e che è, inevitabil­mente, destinata a diventare il baricentro della politica italiana.

Il prezzo pagato

Il leader spiega: abbiamo già pagato con dieci punti di calo la responsabi­lità di questi mesi Non pagheremo ancora

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A Firenze Matteo Renzi, 43 anni, ha votato in una scuola del quartiere di Santo Spirito, dove si è trasferito da poco con la famiglia da Pontassiev­e (Getty Images)

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