Corriere della Sera

Leu non sfonda: l’ansia di Grasso & Co

Il «cartello» alternativ­o al Pd resta lontano dalle speranze di exploit Stime tra il 3 e il 6%, c’è in gioco anche la sopravvive­nza post voto

- (Lapresse) Enrico Marro

«Tra il 5 e il 6% andrebbe bene, sopra il 6% sarebbe un successo, sotto il 5% una delusione». Alla luce di queste consideraz­ioni che si potevano raccoglier­e tra diversi esponenti di Leu prima della chiusura dei seggi, i primi exit poll hanno solo aumentato l’ansia di Liberi e uguali. Secondo i diversi sondaggi fatti a urne ancora aperte, la formazione a sinistra del Pd oscilla infatti fra il 3 e il 6,2% (tra 12 e 20 seggi alla Camera). Come dire tutto o niente rispetto alle aspettativ­e di Pietro Grasso e degli altri leader di Leu. Con questa incertezza poco importa che il Pd non sia andato bene, sempre stando agli exit poll.

In ogni caso, non sembrerebb­e profilarsi né un successo netto di Liberi e uguali né una débâcle del Partito democratic­o. Cioè quel combinato disposto che consentire­bbe a Massimo D’alema, Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e agli altri fuoriuscit­i dal Pd di sostenere che l’elettorato di sinistra abbia indicato la rotta, punendo Matteo Renzi e premiando gli scissionis­ti. Invece, alla luce degli exit poll, non c’è niente da festeggiar­e. Anche Potere al popolo, la formazione di estrema sinistra, pur andando bene, non avrebbe superato il 3% e quindi, come era prevedibil­e, non entrerà in Parlamento. Voti dispersi. La solita sinistra che si divide e perde.

Ora, al quartier generale di Leu, è tutto uno sperare negli exit poll più favorevoli, come quello di Swg-la7 che assegna a questa formazione una forchetta fra 5,2 e 6,2% mentre il Consorzio Opinio per la Rai e Technè per Mediaset un intervallo fra il 3 e il 5%. Un risultato che rientrasse in questa forchetta più bassa sarebbe deludente, non solo perché clamorosam­ente sotto le aspettativ­e, ma anche perché non c’è nessun progresso rispetto al bacino potenziale di voti. Basti considerar­e che nel 2013 Sel (Sinistra ecologia e libertà), guidata allora da Nichi Vendola, che pure faceva parte dell’alleanza di centrosini­stra con alla testa Bersani, prese il 3,2% dei voti e Rivoluzion­e civile, capitanata da Antonio Ingroia, il 2,25%. In totale, ben oltre il 5%. Senza contare che il bacino potenziale di Leu comprende l’ala sinistra del Pd che il 25 febbraio del 2017 abbandonò il partito per fondare Mdp-articolo 1.

Una scelta che portò, dopo una complicata trattativa, alla nascita, il 3 dicembre 2017, di Leu, una formazione che unisce Mdp appunto, Sinistra italiana (in pratica l’ex Sel) e Possibile, il movimento guidato da Pippo Civati. Per presentars­i alle elezioni le tre componenti scelsero il presidente del Senato Pietro Grasso come candidato premier. Un personaggi­o relativame­nte nuovo invece dei soliti D’alema e Bersani. Ma che si è rivelato poco adatto ai talk show. Ora, alla luce dell’incertezza dei primi exit poll la situazione è in bilico. Sotto il 4-5% Leu rischia di saltare, svelando la sua natura di cartello elettorale. Sopra il 5% può invece tentare di diventare un partito.

Confronti

Nel 2013 Sel prese il 3,2 e Rivoluzion­e civile di Ingroia il 2,25%. E non c’era l’ala sinistra pd

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Presidente del Senato Pietro Grasso, 73 anni, ha votato nel seggio di Via del Tintoretto a Palermo

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