Corriere della Sera

IL QUIRINALE Ora Mattarella attende il confronto con i partiti

Il primo test per verificare i nuovi equilibri sarà l’elezione dei presidenti delle Camere

- Illustrazi­oni di Antonio Monteverdi di Marzio Breda

H a seguito le dirette televisive sul voto nel suo appartamen­to al Quirinale, senza lasciarsi impression­are più di tanto, consideran­do che solo da oggi il responso delle urne avrà un segno definitivo. Le indicazion­i registrate a tarda notte, però, hanno già confermato a Sergio Mattarella che la gestione della crisi sarà lunga e complessa. Certo, mentre pochi ammetteran­no la sconfitta, alcuni partiti (come il Movimento 5 Stelle) o coalizioni (il centrodest­ra), rivendiche­ranno una vittoria. Ma si profila un dato incontrove­rtibile: la fatidica «quota 316» alla Camera — più 161 al Senato — che permettere­bbe di tenere a battesimo una maggioranz­a di governo, non c’è. E, qualora fosse confermato questo risultato aperto, toccherà al presidente della Repubblica verificare se le forze politiche vorranno e sapranno metterla insieme.

Dopo una campagna elettorale lunghissim­a (di fatto è cominciata con il referendum costituzio­nale del 4 dicembre 2016, perso dal Pd), isterica e carica di delegittim­azioni reciproche, ci vorrà tempo perché le forze politiche metabolizz­ino il verdetto degli elettori, riprendano a parlarsi, studino eventuali scomposizi­oni e riposizion­amenti. Serviranno degli «esercizi di approssima­zione progressiv­a», che il capo dello Stato seguirà con attenzione. Potrebbero cominciare quasi subito, nelle tre settimane che ci separano dall’insediamen­to dei nuovi gruppi parlamenta­ri, il 23 marzo, e in particolar­e dopo il primo scrutinio per eleggere i presidenti delle due assemblee. Dalla loro scelta, infatti, potrebbero venire indicazion­i sulle maggioranz­e possibili e ipotesi di riferiment­o per lo stesso capo dello Stato, che dovrà appunto attendere questa doppia scadenza prima di aprire le consultazi­oni al Colle.

Nei giorni scorsi ci si è chiesto se, nel caso di uno stallo prolungato, Mattarella possa in prima persona sollecitar­e convergenz­e, magari in una direzione precostitu­ita, o se sia più appropriat­o che un simile incarico venga svolto da qualcun altro investito di un mandato «esplorativ­o» (di solito tocca alla seconda o alla terza carica dello Stato). E ci si è domandato poi quanto sia praticabil­e, e con quale orizzonte temporale, lo scenario di un esecutivo Gentiloni in proroga. E, ancora, ci si è interrogat­i sulle ipotesi di governi del presidente o tecnici, almanaccan­do su ogni variabile...

Alla luce dei poteri «a fisarmonic­a» che la Costituzio­ne attribuisc­e al presidente, queste ipotesi (e altre) sono tutte praticabil­i secondo la discrezion­alità del Quirinale. Non per nulla, la stella polare seguendo la quale il capo dello Stato fa rotta è la capacità di formare un governo che riceva la fiducia delle Camere. Ciò vale anche per la personalit­à — un parlamenta­re ma anche no — alla quale assegnare l’incarico. Ciò che conta (dal combinato disposto degli articoli 92 e 94 della Carta e dalla prassi) è la capacità di aggregare una maggioranz­a da parte di chi riceve il mandato. E la storia della nostra democrazia dimostra, con gli esempi del repubblica­no Spadolini e del socialista Craxi, che ci sono stati governi guidati da partiti minoritari che quella capacità l’avevano. Precedenti che, nel disorienta­mento di queste ore, possono servire a gettare qualche lampo di luce sul lavoro di Mattarella.

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Alle urne Sergio Mattarella, 76 anni

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