«Riduciamo le tasse, stupiamo i tedeschi Ora la sinistra superi la crisi esistenziale»
L’ex ministro degli Interni Otto Schily
BERLINO «È una buona notizia, una vittoria del pragmatismo e della ragione. Un no sarebbe stato devastante per il partito e per il Paese. Ma questo non significa che la Spd possa ora rilassarsi e dire avanti come prima. Al contrario deve sfruttare questa opportunità per un rinnovamento profondo, nel programma e nelle persone».
Otto Schily è stato ministro socialdemocratico degli Interni nei governi rosso-verde guidati da Gerhard Schröder. Riferimento della tradizione liberale e garantista, Schily è una delle coscienze critiche della Spd.
Una delle accuse mosse dagli Juso, i giovani socialdemocratici, nel dibattito sulla Grosse Koalition è che la Spd negli ultimi anni abbia parlato più di sicurezza che di povertà, più di criminalità che di ingiustizie, cioè che il partito abbia trascurato le sue radici di sinistra. Lei che ne pensa?
«L’ultima campagna elettorale è stata condotta all’insegna di una maggiore equità sociale e abbiamo visto com’è andata. Io credo che il successo dell’economia sociale di mercato si fonda da un lato sulla performance economica, dall’altro sul suo forte equilibrio sociale. Occorre proteggere i ceti più deboli, ma lo Stato non può assumersi tutti i carichi attraverso una forte pressione fiscale. La mia idea è che bisogna sostenere lo sviluppo di una cultura della proprietà. Ci sono varie iniziative molto interessanti: gruppi di imprenditori che favoriscono una partecipazione dei lavoratori alla proprietà delle imprese, attraverso incentivi fiscali. La Spd non se ne è interessata, come per esempio non ha sviluppato alcun programma per favorire la proprietà immobiliare per le persone a reddito medio e basso».
Il patto di coalizione ha una grossa impronta socialdemocratica. È d’accordo con questa analisi?
«Nelle condizioni date, l’accordo per noi è un successo. Se poi verrà ricompensato dagli
elettori è un’altra questione. importante è che la Spd offra in questa Grande Coalizione un nuovo orizzonte delle aspettative».
Cosa vuol dire?
«Quando uno pensa alla Spd, tradizionalmente si aspetta nuove leggi e tasse. Ecco, io credo che stavolta dovremmo sorprendere gli elettori, proponendo per esempio una concreta riduzione fiscale per i redditi medio bassi e uno schema per tassare i giganti del web. Oppure sviluppando un programma per ridurre selettivamente la spesa pubblica. O ancora proponendo una nuova politica dell’educazione: il patto di coalizione prevede 10 miliardi, ma potremmo ridurre le enormi sovvenzioni, quasi 30 miliardi, per la riconversione energetica, che non sta funzionando, spostando maggiori risorse sulla politica dell’educazione. Sarebbe un grande investimento per il futuro».
Nel 2005 e nel 2013 la Spd è entrata in una Grosse Koalition da junior partner, uscendone fortemente penalizzata. Perché questa volta dovrebbe andare diversamente?
«Come la maggior parte dei partiti socialdemocratici europei anche la Spd attraversa una crisi esistenziale. Questo è incontestabile. Ecco perché la partecipazione al governo, decisa in nome di una responsabilità nazionale, dovrà accompagnarsi al tentativo di avere un profilo più autonomo e riconoscibile come partito. Poi , il fatto che tra quattro anni Angela Merkel quasi sicuramente non sarà più candidata alla cancelleria apre sicuramente prospettive nuove per la geografia politica della Germania».
Ci sarà veramente una nuova politica di Berlino in Europa con la Grosse Koalition? È finita l’austerità?
«Il patto di coalizione parla chiaramente di nuovi impulsi all’integrazione europea, per rafforzarla e intensificarla. Ma questo dipende anche dalla stabilizzazione economica di Paesi come l’italia. Quanto all’austerità contrapposta alla spesa facile, è una falsa alternativa. Il probabile futuro ministro socialdemocratico delle Finanze, Olaf Scholz, non farà certo una politica del debito. D’altra parte, la Germania contribuirà al rafforzamento degli investimenti o alla lotta contro la disoccupazione giovanile. Una politica finanziaria ragionevole non è in contraddizione con scelte di bilancio intelligenti».