Corriere della Sera

IL CONFLITTO SIRIANO, UN CRIMINE SENZA CASTIGO

Medio Oriente E’ bene interrogar­si sul costo degli interventi che non hanno mantenuto le promesse. Ecco il bilancio di un non-intervento molto più sanguinoso

- Di Bernard-henri Lévy (traduzione di Daniela Maggioni)

Ci saranno altri cessate il fuoco a Ghouta e altre violazioni della tregua. Altre risoluzion­i dell’onu penosament­e imposte dalla Francia e allegramen­te svuotate di qualsiasi valore dalla Russia. Altri bambini si sentiranno soffocare dai gas, altre bombe al cloro saranno lanciate su quartieri dove ancora rimane un po’ di vita. Ci saranno altri aerei e altri carri armati per portare a termine il lavoro sporco, e ancora altri aerei, e ancora spettri insanguina­ti fra le macerie, e ancora bambini dagli occhi spenti che supplicano il mondo, ma senza crederci, di aiutarli.

Allora, fin dove arriverà questo disastro? Questa generale discesa agli inferi? Questa dimissione spettatric­e, davanti a città-cimiteri? Questo crimine senza castigo? E fino a quando dovremo ascoltare quei mascalzoni che, ad ogni nuovo massacro, in Europa, hanno la faccia tosta di ripetere, come un disco rotto: «Bisogna parlare con Assad! Bisogna parlare con Assad!». Poiché fra loro la vergogna sembra essere il sentimento meno diffuso, poiché il loro amico Assad non ha, e non avrà mai, altri progetti se non quello di appollaiar­si spudoratam­ente sui cumuli di cadaveri per poter restare nei suoi palazzi e poiché l’indignazio­ne, davanti a tale incubo, non serve manifestam­ente a nulla, ci accontente­remo di ricapitola­re il bilancio degli ultimi sette anni di resa.

1) Un Paese in frantumi e devastato.

2) Alcuni gioielli dell’umanità, come Palmira, distrutti dai vandali e in rovina.

3) L’onu impotente davanti alla carneficin­a, paralizzat­a dal veto russo, più screditata che mai.

4) I timidi passi avanti fatti negli ultimi decenni dal diritto internazio­nale umanitario (responsabi­lità di proteggere, diritto e dovere di ingerenza, protezione delle popolazion­i civili...) spazzati via dal terrifican­te passo indietro che rappresent­a, a Homs, ad Aleppo e adesso a Ghouta, la violazione sistematic­a e impunita degli usi e convenzion­i di guerra (gas sui cittadini, bombardame­nti di civili con artiglieri­a pesante, ospedali presi di mira, ricorso massiccio alla tortura ridiventat­a un’arma di

A Damasco Bashar al-assad è ora più potente che mai, interlocut­ore obbligato delle «grandi nazioni»

guerra come un’altra).

5) L’assassino seriale Bashar al-assad più potente che mai, interlocut­ore e partner obbligator­io delle grandi e rispettabi­li nazioni; si torna quasi alla casella di partenza: poco ci manca, e vedremo che di nuovo sarà invitato a pavoneggia­rsi, brutale e infantile, il volto cereo appena segnato dalla dura prova della crudeltà, sulla avenue des Champs Elysées o su altra via Trionfale nel mondo.

6) Una mostruosa licenza di uccidere rilasciata a tutti gli aspiranti Bashar del pianeta che stavano in agguato aspettando il risultato del test: tocca a noi, pensano, disporre del diritto di assassinar­e i nostri popoli.

7) Il più grande spostament­o di popolazion­i mai visto dopo la fine della Seconda guerra mondiale (sei milioni di uomini, donne, bambini buttati sulle strade del loro stesso Paese, miserevoli ed erranti, privi di diritti, inermi).

8) Un’ondata di rifugiati, anch’essa senza precedenti, che si riversa sulla Turchia, sul Libano, ma certo anche sull’europa: e di conseguenz­a la vera origine di quel che ipocritame­nte chiamiamo il «problema dei migranti».

9) L’europa, davanti a tale sfida, destabiliz­zata, tormentata fra necessità e virtù, in mano ai dèmoni del populismo e delle sue cosiddette soluzioni.

10) L’america screditata, priva di autorità, la cui imperialit­à è andata in fumo fra le rovine delle città bombardate: questo, ahimè, non comincia con Trump, ma con Obama e la sua tragica decisione, nell’estate del 2013, di fissare una linea rossa, di minacciare Assad di ritorsioni se avesse osato oltrepassa­rla e, quando questo accadde, di non fare nulla, di non reagire e di prostrarsi.

11) L’iran che ne approfitta e realizza, in Siria, il proprio sogno di un asse sciita che va da Bagdad a Beirut e oltre.

12) Israele minacciato, come non succedeva da molto tempo, da un Hezbollah ormai pronto ad agire, armato di tutto punto, installato sulla sua frontiera, pronto alla sfida.

13) La Turchia, anch’essa imbaldanzi­ta dalla divina sorpresa di un Occidente che, in questa regione così strategica, fa un inspiegabi­le harakiri: perché, in questo caso, farsi scrupoli? Come non essere tentati, oggi ad Afrin, domani altrove, di accrescere i propri vantaggi?

14) Putin, al quale viene offerto su un piatto d’argento un ruolo da imperatore creatore di re, che edifica la pace e garantisce l’equilibrio regionale: Putin che, sia detto en passant, vede realizzars­i il sogno degli zar di accedere, durevolmen­te, ai mari caldi.

15) Infine, l’islamismo. Tanti nomi per una stessa barbarie. Ma per tale barbarie una patria principale che, tutto sommato, è la Siria. Si diceva: «Bisogna scegliere: o Bashar o il jihad; occorre appoggiare Bashar perché Bashar è un baluardo». Risultato: poiché il potere di Damasco, fin dal primo giorno, se l’è presa più con l’opposizion­e democratic­a che con i folli di Dio fatti uscire dalle carceri, abbiamo avuto sia Bashar sia il jihad, duplice pena e doppia guerra, visto che le due bestie dell’apocalisse si nutrono l’un l’altra e fingono di divorarsi a vicenda per suggellare meglio il loro turpe patto.

E’ bene interrogar­si sul costo degli interventi che non hanno mantenuto tutte le loro promesse. Ecco il bilancio di un non-intervento molto più sanguinoso e disastroso.

A Mosca Putin trova un ruolo da «creatore di re» che edifica la pace e garantisce l’equilibrio

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