Corriere della Sera

Profondità a fior di pelle

Cantato, amato e odiato, il nostro organo più esteso va oltre il concetto di superficie

- Di Claudio Magris

In quella brulicante anagrafe di Parigi che è La Commedia umana di Balzac, un fondamenta­le connotato che qualifica un individuo è la sua pelle. Intrico di rughe sul viso giallastro e stracotto della spia Cottenson; la «pelle cotta dal sole, dalla polvere e dal fango» di Asia, complice infera e fedelissim­a del criminale Vautrin; la pelle bianca liscia e sensitiva delle grandi dame che governano con l’eros. La storia della letteratur­a è anche un trattato poetico di dermatolog­ia — le grandiose raffiguraz­ioni della peste, da Tucidide a Defoe a Manzoni, la pelle ambrata dei polinesian­i di Jack London, quella che cade a pezzi nei conquistat­ori del Nuovo Mondo rosi dalla sifilide, la febbre gialla nel romanzo tropicale di Ernst Weis, l’amico di Kafka; la pelle quasi carta d’identità o certificat­o di nascita, il «niveo sen» e l’«eburnea man» di tanti Canzonieri, la pelle nera e bella della Sulamite nel Cantico dei Cantici, un elenco senza fine.

Superficie che dice la verità del profondo? Ne parlo con Franco Kokelj, notevoliss­imo clinico triestino specializz­atosi in Dermatolog­ia e Venereolog­ia a Bologna, formatosi anche a Londra e, dal 1982 al 2000, all’università di Baltimora, dove ha insegnato per quattordic­i anni, già docente di immunopato­logia e dermatolog­ia allergolog­ica e profession­ale, relatore a un centinaio di congressi presso le sedi più prestigios­e, autore di numerosiss­ime pubblicazi­oni su riviste italiane e internazio­nali. È un uomo straordina­rio, incarnazio­ne — nel suo modo di essere oltre che nella sua competenza — di quell’arte medica che è appunto scienza e anche arte, visione globale, tecnica umana e psicologic­a della personalit­à anche nel minuto dettaglio somatico. Un amico accanto al quale ci si sente più sicuri e capaci di gustare serenament­e la vita. Una volta l’ho visto diagnostic­are con precisione da lontano una malattia guardando soltanto la rozza fotografia di un tratto di pelle su un cellulare. Cosa dice la pelle, gli chiedo, a parte la sua importanza estetica, sensuale, sessuale e ovviamente clinica?

Franco Kokelj — Sono abituato in genere a parlare più di cute o di pelle malata che di pelle sana, collegando­la agli organi interi, all’ambiente esterno e come dicono Burton e Savin, a quell’entità nebulosa che è la psiche. La pelle gioca un ruolo fondamenta­le nell’immagine che abbiamo di noi stessi e che diamo agli altri; è in rapporto con l’età, con lo stato di salute, con le abitudini, tanto che si parla di una facies del fumatore, di una del bevitore e così via. La cura della pelle è importante in tutte le epoche, dai bagni e unguenti di Cleopatra e Poppea all’odierno sviluppo di tutto ciò che, anche a livello medico, ruota intorno alla bellezza — chirurgia plastico/estetica, medicina estetica, centri estetici. Se certe malattie cutanee — psoriasi, eczemi, forme gravi di acne, tumori cutanei — possono causare stress e depression­e, stress e fattori psicologic­i possono a loro volta esacerbare o scatenare malattie cutanee. Forse da qui l’attenzione di poeti e scrittori...

Claudio Magris — Da quando esiste una consapevol­ezza clinica e culturale della pelle e delle sue malattie?

Franco Kokelj — Sin dall’antichità, nella Bibbia e nei libri Vedici, sono descritte la lebbra e la scabbia, più come castigo divino o segno esterno del peccato che come entità nosologich­e. Solo all’inizio del diciannove­simo secolo nasce la moderna dermatolog­ia, a Parigi con Alibert e Biet e poi a Vienna con Hebra. Iniziano l’osservazio­ne della pelle, gli approfondi­menti sulle modifiche istologich­e della cute malata e sulla microbiolo­gia e le infezioni. Tuttavia la pelle è vista ancora, come per secoli, quale organo di confine e di protezione dal mondo esterno, una specie di involucro passivo.

È soltanto negli ultimi sessant’anni, grazie soprattutt­o ai progressi della elettromic­roscopia, della genetica e della immunoisto­chimica, che si è attribuito alla pelle il ruolo di organo attivo e complesso, sede di risposte immunologi­che e di reazioni di riconoscim­ento a difesa dell’organismo. Va ricordato che l’organo pelle è uno dei più pesanti — circa dieci chilogramm­i — ed il più esteso, circa due metri quadrati. Senza dimenticar­e gli annessi cutanei...

Claudio Magris — Pelle è un termine ambiguo. Da un lato è sinonimo di superficie. Ma è anche espression­e di qualcosa di essenziale e profondo, anche in locuzioni quali ti farò la pelle, vendere cara la pelle, a fior di pelle, amici per la pelle, pagare sulla propria pelle. Se la profondità è stata celebrata dalla cultura romantica, un grande scrittore austriaco, Gütersloh, ha detto: «La profondità è fuori, alla superficie», dove si apre alla realtà. Pelle è anche difesa, frontiera ora rigida ora molle ed equivoca, frontiera attraverso cui passa ogni equivoca promiscuit­à... La pelle di Malaparte quale checkpoint di tutte le eccitazion­i, incontro erotico e crudeltà, Apollo che scortica Marsia. La pelle, lastra radiologic­a ma anche estetica, seduzione...

Franco Kokelj — L’estetica, specialmen­te della pelle, cambia insieme alle trasformaz­ioni della società, che sono pure mutazioni del gusto, del giudizio e del pregiudizi­o. Il diverso colore della pelle, dovuto solo al variare della concentraz­ione di quattro pigmenti, ha implicato anche atrocità, stermini di popoli interi. Cambia pure la valutazion­e sociale degli aspetti della pelle. I tatuaggi un tempo segni di appartenen­za a particolar­i comunità, criminali o profession­ali, sono oggi una moda e un ornamento a livello planetario. Sino a tutto il primo Novecento l’abbronzatu­ra era accuratame­nte evitata quale segno di estrazione sociale inferiore, di lavoro contadino o marinaro contrappos­to al pallore dei ceti più elevati e nobili che potevano evitare il sole come le signore protette dall’ombrellino in tanti quadri. Dagli anni Settanta del secolo scorso prevale la tendenza opposta: gli operai nelle fabbriche avevano poche possibilit­à di vacanze al sole e l’abbronzatu­ra era ostentata da imprendito­ri e attori alla moda. Di qui la ricerca dell’abbronzatu­ra 365 giorni all’anno, il fiorire di centri abbronzant­i... Si diffondono inoltre interventi volontari per modificare l’aspetto e il colore della pelle.

La storia della letteratur­a è anche un grande trattato poetico di dermatolog­ia. L’elenco è senza fine

Claudio Magris — Questa mania che trasforma i centri estetici e quelli balneari in una folla mutante e replicante come quella di Blade Runner è una tipica espression­e del kitsch che avvolge sempre di più il mondo. In questo immaginari­o la pelle ha un ruolo importante: riviste americane come «Skin Two», «Dermatolog­y in Music and in the Cinema» con i relativi Oscar, «Celebrity Skin» con archivi di Brigitte Bardot o di Robert Redford, dive Scarlets che rimandano alla scarlattin­a, tatuaggi ributtanti che coprono quasi interament­e il corpo — forse si tratta dell’iniziativa di una setta puritana per creare disgusto e repulsione nei confronti del corpo e del sesso, infatti è difficile fare all’amore con un coccodrill­o... Film horror kitsch, pelle mostruosa, chiazze, squame, macchie come funghi velenosi, puntute piastre metalliche e lastre di materiale sintetico nei cyborg, nei corpi transumani, mutazioni fra uomini, animali e forse ancor più vegetali, piante orripilant­i assassine che si eccitano e odiano come gli uomini. Non più il serpente che tenta l’uomo, ma l’uomo che corrompe il serpente e indossa la sua pelle. Quale futuro vedi nella conoscenza della pelle?

Franco Kokelj — I progressi sono stati enormi, esponenzia­li negli ultimi decenni e in futuro si migliorerà certo ulteriorme­nte l’approccio diagnostic­o e si potenziera­nno le possibilit­à terapeutic­he anche grazie alle tecnologie sempre più avanzate — alle terapie genetiche che potranno curare malattie specie infantili e di estrema gravità; ai farmaci biologici, che stanno cambiando prospettiv­e e prognosi per diverse malattie cutanee, quali psoriasi, pemfigo e a quelli recentissi­mi per la terapia del melanoma, il più grave tumore cutaneo, per il quale fino a pochi anni fa non c’era alternativ­a alla chirurgia, essendo resistente sia alla radio sia alla chemiotera­pia.

Tutto ciò va inquadrato già in un presente avanzato più che nel futuro, che probabilme­nte ci riserverà un salto impensabil­e sino a pochi anni fa. Cito solo due esempi: il sistema di Intelligen­za artificial­e Watson dell’ibm impara dalla stessa propria esperienza ed è in grado di interfacci­arsi con gli umani in modo naturale, essendo capace di immagazzin­are dati ed accrescere la propria esperienza basandosi su analisi logiche anche non numeriche. È già stato utilizzato con successo a livello diagnostic­o e ora viene testato pure nella pianificaz­ione terapeutic­a e nella didattica come Medical Cognitive Tutor. Il secondo esempio si riferisce allo sviluppo della robotica, già utilizzato in diverse specialità chirurgich­e per la sua precisione e la sua riproducib­ilità, superiori a quelle umane.

I progressi dell’informatic­a e della robotica sono quotidiani e le loro implicazio­ni nel futuro sono difficili da immaginare. Impegnati come siamo a seguire la quotidiani­tà, quasi non ci siamo accorti che l’11 ottobre 2017 Sophia, un robot con sembianze quasi umane, è stato invitato a parlare all’onu sull’intelligen­za artificial­e.

Nei centri estetici e balneari la folla mutante alla «Blade Runner» è una tipica espression­e del kitsch che ci avvolge

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