In Porsche sul lago ghiacciato nella Lapponia più estrema
Il sogno di molti automobilisti, per la maggior parte destinato a restare proibito, è guidare una Porsche. Forse più ambito realizzarlo sul ghiaccio. Soprattutto se in mezzo alla Svezia del nord, dove è bello spesso, mezzo metro per la precisione, sul lago di Varutrask,quasi 1000 km sopra Stoccolma. In mezzo a una natura bianca, silenziosa, cristallizzata a -20°, i 450 cavalli dei sei cilindri boxer della Gts, a due e quattro ruote motrici, risuonano in modo particolare. Si parte dalla cittadina di Skellefteå, con una strada larga e pulita all’inizio, poi sempre più bianca e stretta. A un certo punto si gira a destra, si sobbalza un po’ e si arriva «in pista» che sembra a perdita d’occhio. Questo rassicura: prima di andare a sbattere, viene da pensare intravedendo file di pini a chilometri di distanza, ce ne corre. O meglio: si può correre. Il tracciato disegnato dagli istruttori della scuola di guida di Porsche Italia invece, a guardare meglio, è ben indicato in mezzo alla neve, bassa e morbida. E quindi tranquillizzante, anche se deve comunque sempre intervenire un trattore a tirar fuori chi ci finisce in mezzo. Sono due chilometri e quattrocento metri di circuito bianco, con una serie di curve strette dopo la partenza e poi una larga, che immette in una seconda parte più veloce.
Sul ghiaccio non cambia tutto, ma quasi. Però, se non sei negato nella guida, e grazie al fatto di avere a fianco grandi istruttori, che dicono le cose giuste nell’istante giusto, si può anche riuscire in un solo giorno, anche se di norma sono due, a fare cose che un automobilista «umano» non avrebbe mai immaginato di poter fare, nemmeno «al largo dei bastioni di Orione». Figurarsi qui dove ogni sera può apparire l’aurora boreale. «Vedi che sono un veggente?», chiede Alessandro Baccani, come per restare un po’ nel filone onirico. È uno degli istruttori, tra l’altro vicecampione italiano nel campionato Gt classe Gt3. Un attimo prima aveva detto di toccare il freno, in piena curva, e accelerare subito. La Porsche ha fatto esattamente quello che aveva previsto il «veggente»: è uscita giusta dalla curva di traverso a una velocità che sarebbe sembrata eccessiva non solo sul ghiaccio, e si è rimessa dritta sul rettilineo. Quando sotto le ruote, chiodate, di una Porsche c’è neve e ghiaccio, «si entra, e soprattutto si guida, in un mondo diverso» dice Andrea Pullè, ex pilota e direttore della scuola Speed Control che gestisce i corsi Porsche. «Un po’ come passare, con gli sci, dalle piste battute alla neve fresca». Su questo lago svedese alcuni luoghi comuni vengono subito «congelati»: sul ghiaccio si frena eccome, tanto per cominciare. Anche in curva. Dopo un po’ di giri si comincia a capire che l’auto si può far girare con delicatezza - se si fanno le cose giuste nell’istante giusto - più con freno e acceleratore che non con il volante. Quest’ultimo sul ghiaccio perde il suo ruolo da protagonista e assume quello di comprimario. Tutto deve essere molto veloce, ma morbido. Non semplice con 450 cavalli di potenza da lanciare in corsa nella direzione giusta.
Tutti, tranne qualche caso disperato, dopo questi corsi di due giorni possono andare bene, e anche forte. Ma a un patto: che non credano di essere già diventati campioni dopo un po’ di giri. Nemmeno quelli che arrivano dalla pista. Certo questi sono favoriti ma anche per loro vale il principio che sul ghiaccio, come dovunque, per imparare serve umiltà. Il corso non a caso prevede che, più o meno a metà prendono in mano il volante gli istruttori e, sotto i piedi (molti di loro usano il sinistro per frenare) acceleratore e freno. Un giro solo, per far vedere, soprattutto a chi è un po’ «duro», cosa significa guidare bene sul ghiaccio. Alla fine delle lezioni chi vuole può fare un giro sul lago con le slitte trainate dai cani e con le motoslitte. Quello in Svezia è uno dei tanti corsi organizzati da Porsche. Per chi non vuole spingersi così lontano c’è quello, su ghiaccio, a Livigno. Per chi, invece, preferisce stare con le ruote sull’asfalto, non c’è che l’imbarazzo della scelta, e del costo. Sia in pista che fuori. In Italia e, ormai, in quasi ogni angolo del mondo.