Corriere della Sera

«Parlo soltanto quando devo» Il leader silenzioso, garbato e deciso

- di Alessandro Bocci

«Firenze è la mia dimensione», raccontava spesso Davide Astori, cresciuto nelle giovanili del Milan e diventato grande a Cagliari. Stava per andare a Napoli, dopo un anno tribolato alla Roma, ma quando l’allora d.s. viola Daniele Pradè gli ha telefonato nell’estate 2015, ha scelto la Fiorentina. Un amore a prima vista. E alla Fiorentina, nonostante le offerte, aveva deciso di rimanere la scorsa estate, nel momento in cui i Della Valle e Pantaleo Corvino hanno rivoluzion­ato e ringiovani­to la rosa. Oggi, quasi da non credere, avrebbe dovuto firmare il nuovo contratto sino al 2022. Capitano per sempre.

Astori era un leader silenzioso. «Parlo quando devo», diceva. Un giocatore di altri tempi. Serio, garbato, deciso, senza tatuaggi da ostentare. Un punto di riferiment­o per i nuovi e anche per i vecchi. In campo spiegava, aiutava, suggeriva, sia all’esperto Pezzella che al giovane Milenkovic o al brasiliano Victor Hugo, difensori come lui. Ma c’è anche la dimensione privata, che aveva conquistat­o il cuore della polemica e irrequieta Firenze. Spesso, dopo l’allenament­o, Astori faceva tappa al Meyer, l’ospedale dei bambini. Sempre in prima fila nelle iniziative benefiche della società. Con il suo stile sobrio e discreto. Un passo indietro e uno in avanti.

E proprio i più giovani nella Firenze di nuovo unita, almeno per un giorno, hanno riempito le inferriate del Franchi con fiori, disegni, messaggi al loro capitano. Non sono mancati gli striscioni. E per capire quanto sia grande il vuoto nella famiglia viola basta guardare gli occhi vuoti dei compagni. O lo sgomento di Andrea Della Valle, che a stento ha ricacciato indietro le lacrime provando a dare un senso quando un senso proprio non c’è. Il calcio dovrebbe essere gioia, stavolta è solo dolore. Un dolore trasversal­e. Senza colori, come ricorda la Juventus, tra le prime a piangere Davide attraverso un tweet.

In Nazionale Astori ha giocato poco, ma ha lasciato il segno. Lo ha fatto esordire Cesare Prandelli e proprio con il vecchio c.t. aveva segnato l’unico gol azzurro, il primo di un giocatore del Cagliari dopo Gigi Riva, nella finale per il terzo posto contro l’uruguay alla Confederat­ions Cup 2013. Ma «Asto», così lo chiamavano i compagni, era un leader anche nel gruppo di Gian Piero Ventura, che lo avrebbe portato al Mondiale in Russia, a scapito di ragazzi più giovani e magari più forti.

Ora aveva due obiettivi: riportare la Fiorentina in Europa perché a questo gruppo, che ha lasciato troppo presto, credeva fermamente. E rimanere in Nazionale. Niente di tutto questo. Resta il dolore, cupo e sordo. Appena domenica scorsa aveva regalato l’assist a Biraghi nella vittoria contro il Chievo e nel secondo tempo aveva sfiorato il gol con un colpo di testa, la sua specialità. In questa domenica assurda quella partita pare lontanissi­ma, come la complicata stagione della Fiorentina. Il calcio per rispetto si è fermato e Astori ne sarebbe stato contento. Con un post l’aveva invocato quando sul campo era morto Morosini. È risuccesso, stavolta in albergo, in ritiro, dopo una partita alla playstatio­n con l’amico Sportiello. Viveva a Ponte Vecchio, uno dei simboli della città. Firenze ha sempre avuto un solo capitano, Giancarlo Antognoni, «l’unico dieci». Ora i capitani saranno due.

 ?? (foto Sestini) ?? Fiesole Sciarpe, dediche commosse e mazzi di fiori lasciati nella storica curva dello stadio della Fiorentina
(foto Sestini) Fiesole Sciarpe, dediche commosse e mazzi di fiori lasciati nella storica curva dello stadio della Fiorentina

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