L’onda anomala che tutto copre
Una squadra di candidati debuttanti (e sconosciuti) ha surclassato i tradizionali collettori di preferenze
R iuscirebbero Michele Navarra detto «u Patri Nostru» e lo studioso yankee Edward C. Banfield che coniò il concetto di «familismo amorale» a riconoscere la «loro» Sicilia e il «loro» Mezzogiorno? Difficile. La strabiliante «onda anomala» grillina di domenica pare aver spazzato via decenni di certezze intorno al clientelismo politico. Il «cappotto» di seggi uninominali in Sicilia, Sardegna, Puglia, Basilicata, Molise e il quasi cappotto in Calabria e Campania («solo» 32 seggi su 33 in palio) sbatte in faccia a tutti una domanda: che sia la svolta vera di un Sud deciso a cambiare sul serio e per sempre? O è solo una sberla appioppata a chi ha tradito troppe promesse perché non ci sono più i soldi per le regalie di una volta?
Basteranno pochi mesi, per capire. Certo è che la terra che Rabelais descrisse come un’isola triangolare simile alla Sicilia e detta «Isola delle Parentele» perché tutti erano «consanguinei e imparentati tra loro» nonostante «nessuno era padre né madre, né fratello o sorella, zio o zia, cugino o nipote, genero o nuora, padrino o madrina di nessun altro», ha dato una sterzata mai vista. Liberandosi in un colpo solo di notabili che parevano invincibili. E tutto con letale leggerezza. Puff!
Dice tutto, ad esempio, lo scontro nel collegio Palermo San Lorenzo tra lo scrittore, intellettuale, gastronomo Aldo Penna animatore del locale vegetariano «Il Mirto e la Rosa» e Francesco Cascio, deputato a Montecitorio per due legislature, deputato a Palermo per quattro, presidente dell’assemblea regionale siciliana fino al 2012, presidente della Fondazione Federico II eccetera eccetera. Insomma, sulla carta, Davide contro il gigante Golia. Destino segnato. Non bastasse, Penna era stato abbattuto in piena campagna elettorale da un malore. Pareva il colpo di grazia. Macché: ha vinto lui. Largo: 18 punti di vantaggio.
Peggio ancora è andata a «Mister trentaduemila preferenze», il renziano Luca Sammartino, che alle regionali di novembre era stato il più votato dei candidati siciliani ed era stato chiamato a battersi pure Il tour L’incontro del leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio lo scorso 12 febbraio al Teatro Sannazaro di Napoli, una delle tappe del suo viaggio elettorale in Campania alle politiche nella convinzione che avrebbe strapazzato a tutti. Errore: nel feudo di Misterbianco ha vinto la grillina Simona Suriano. Davanti non solo al mancato trionfatore democratico ma anche a Giovanni Pistorio, due volte senatore e assessore regionale con Rosario Concetta prima di riconvertirsi (inutilmente) a destra.
Per non dire di Saverio Romano, democristiano di lungo corso, quattro legislature alla Camera e per alcuni mesi ministro dell’agricoltura. Pareva impossibile, col bagaglio di elettori che si tirava dietro da anni, che potesse uscire con le ossa rotte dallo scontro con Giuseppe Chiazzese nel collegio di Monreale. Eppure è successo. Come ad Antonello Antinoro, vecchia volpe della politica siciliana, cuffariano di ferro, ex assessore regionale alla Sanità, uscito indenne un anno fa da un’inchiesta per voto di scambio ma travolto con 15 punti di distacco nel collegio Palermo Brancaccio-settecannoli dalla grillina Roberta Alaimo.
«Ma chi sono questi picciotti?», chiederebbe Michele Navarra. Per lui, teorico del potere a cavallo tra politica e mafia, la campagna elettorale aveva regole precise. Scrive in Da cosa nasce cosa Alfio Caruso che «’u Patri Nostru» fece più che raddoppiare i voti della Dc a Corleone. «Da medico applica un metodo sicuro: attesta cecità inesistenti per fare accompagnare i falsi ciechi al seggio da persone di fiducia che votano in loro vece. Allorché i comunisti scoprono l’imbroglio e lo attaccano, Navarra li sfida rilasciando un certificato di parziale cecità anche alla moglie».
Del resto, come spiegò un giorno Raffaele Lombardo, «in Sicilia il voto di scambio è la regola. I politici passano da un partito all’altro in cambio di un posto di lavoro per un congiunto o per vedere aumentare il conto in banca». Tutti, ammiccò, «tranne il sottoscritto». Vera o no che fosse l’eccezione, il clientelismo è stato per decenni una piaga nel Sud. E la rivolta, espressa col diluvio di preferenze di domenica, è stata, piacciano o no i grillini, una scossa tellurica per chi da sempre era abituato a politici come Vincenzo Lo Giudice, «Mangialasagne», che girava per le contrade con un bastone da rabdomante e urlava «Acqua, dove sei? Vi porto l’acqua! L’acqua vi dugno!». Lo stesso miracolo del berlusconiano 61-0 del 2001 sbiadisce davanti all’ondata grillina. Ventotto seggi uninominali su 28 in Sicilia, nove su nove in Sardegna, tre su tre in Basilicata dove Gianni Pittella, presidente del gruppo socialisti e democratici a Strasburgo e fratello del governatore lucano Marcello, è stato schiantato dal grillino di turno. E poi ancora 24 seggi su 24 in Puglia, dove ha perso uno come Raffaele Fitto che come capolista al proporzionale puntava a raccogliere dal Salento in su le preferenze necessarie per arrivare al 3% e non ce l’ha fatta pur partendo dal record delle 275.018 incamerate alle ultime europee.
E quasi cappotto (9 su 12) in Calabria, dove i pentastellati «sbucati dal nulla» hanno spazzato via sia Giacomo Mancini jr, ultimo erede della famiglia in Parlamento dai tempi del Regno d’italia, sia Andrea Gentile, figlio di quel Tonino Gentile da molti anni padrone di un pacchetto di voti che gli ha consentito, stando un po’ di qua e un po’ di là, di salire su su fino al governo. Non manca l’umiliazione a casa sua, San Giovanni in Fiore, del governatore pd Mario Oliverio: bastonato con un trionfo grillino al 53,6%.
E la Campania? Come dimenticare la Campania? Matteo Renzi era convintissimo di arginare almeno lì la sconfitta grazie a una serie di «usati sicuri», in testa a tutti il governatore Vincenzo De Luca, da anni e anni dominus in quel di Salerno e il «Re di Agropoli» Franco Alfieri. Scommessa disastrosa. Un figlio assessore di «Vicienzo ‘o fontanaro» costretto alle dimissioni, un altro bocciato nelle catastrofiche uninominali: 32 su 33, come dicevamo, perdute in regione. Compresa quella del Cilento dove Alfieri, dipinto dal presidente campano come un genio della «clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda» capace di tirar su voti offrendo «‘na frittura ’e pesce» ha subito un affronto supplementare: non è stato battuto dalla «grillina carina carina» ma da una docente di mezza età di procedura penale a Tor Vergata, Marzia Ferraioli. Vallo a spiegare, adesso, che è stata solo colpa dell’ondata anomala…